venerdì 2 settembre 2011

Ozio

Il giuoco, la maldicenza, la sfrenatezza dei costumi sono conseguenze funeste dell'ozio. Il cuore umano ha un vero bisogno d'essere occupato in qualche oggetto che lo tolga dalla noja inseparabile compagna della indolenza. Quando manchiamo di un certo moto che agiti l'animo e lo tolga da un letargo a lui naturale. se è di nulla occupato, siamo in una incomoda situazione, che non ardirei chiamare propriamente vita, ma quasi vegetazione. L'esperienza ogni giorno più ci convince di questa verità, giacché vediamo che né 1'abitare un superbo palazzo né il possedere grandi ricchezze, né l'avere onori e dignità, fa l'uomo felice, ma bensì l'avere nella maggior parte del tempo l'animo di varj e sempre piacevoli oggetti occupato. La mancanza di moto fa l'acque stagnanti e lorde e putride; così l'inerzia instupidisce ed infetta lo spirito. Quegli che hanno la mala ventura di far poco uso della facoltà di operare col corpo e collo spirito, sono miserabili sfaccendati, che cercando in ogni parte qualche oggetto onde riempiere quel vóto che hanno nella mente e nel cuore, sono molesti, e molte volte infesti alla società, e sono a sé stessi pena della loro iningarelia. L'uomo ragionevole dando alla religione, alla famiglia, a' suoi impieghi, alla cultura del suo spirito tutta la giornata, passa assai più felicemente il suo tempo di colui che fra gli agi e le ricchezze non sa fare un'ora di parentesi alla noja che lo accompagna al sepolcro. La vita di costoro è un continuo sonno, e la vita degli operosi è una serie di buone azioni e di piaceri.

Alessandro Verri