domenica 19 febbraio 2012

Mi pasco di quel cibo che solum è mio

Partitomi del bosco, io me ne vo ad una fonte, e di quivi in un mio uccellare. Ho un libro sotto, o Dante o Petrarca, o uno di questi poeti minori, come Tibullo, Ovidio e simili: leggo quelle loro amorose passioni, e quelli loro amori ricordomi de' mia: gòdomi un pezzo in questo pensiero. Transferiscomi poi in sulla strada, nell'hosteria; parlo con quelli che passono, dimando delle nuove de' paesi loro; intendo varie cose, e noto varii gusti e diverse fantasie d'huomini. Viene in questo mentre l'hora del desinare, dove con la mia brigata mi mangio di quelli cibi che questa povera villa e paululo patrimonio comporta. Mangiato che ho, ritorno nell'hosteria: quivi è l'hoste, per l'ordinario, un beccaio, un mugnaio, dua fornaciai. Con questi io m'ingaglioffo per tutto dí giuocando a cricca, a trich-trach, e poi dove nascono mille contese e infiniti dispetti di parole iniuriose; e il più delle volte si combatte un quattrino, e siamo sentiti non di manco gridare da San Casciano. Cosí, rinvolto in tra questi pidocchi, traggo el cervello di muffa, e sfogo questa malignità di questa mia sorta, sendo contento mi calpesti per questa via, per vedere se la se ne vergognassi.

Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro.

E perché Dante dice che non fa scienza sanza lo ritenere lo havere inteso - io ho notato quello di che per la loro conversazione ho fatto capitale, e composto uno opuscolo De principatibus; dove io mi profondo quanto io posso nelle cogitazioni di questo subietto, disputando che cosa è principato, di quale spezie sono, come e' si acquistono, come e' si mantengono, perché e' si perdono.

Niccolò Macchiavelli - Lettera a F. Vettori 10 dicembre 1953

sabato 18 febbraio 2012

I Bennet

Mr Bennet era un tale impasto di vivacità e sarcasmo, di riservatezza ed esuberanza, che ventitrè anni di vita assieme non erano bastati alla moglie per comprenderne il carattere. Il suo, invece, era meno difficile da capire. Era una donna di intelligenza mediocre, poco colta e di carattere volubile. Quando era scontenta, si immaginava di essere nervosa. Il più grande obiettivo della sua vita era di far sposare le figlie; il suo unico passatempo era coatituito dalle visite e dai pettegolezzi.

Jane Austen - Orgoglio e pregiudizio

Borgia

Erano destinati a rappresentare il simbolo del male: i Borgia e il loro toro che cerca fremendo il combattimento. Da Callisto III ad Alessandro VI reciteranno in scena da grandi protagonisti. Per mezzo secolo, dal 1459 al 1503: data la prima dell'elezione di Callisto III al soglio pontiticio, e la seconda quella della morte del secondo, il nome dei Borgia significa potere; nel clima di questi avventurosi spagnoli venuti a Roma a predare il predabile. Senza badare a scandali; senza sentirsi minimamente scalfiti da accuse, anche pesanti, che li indicano colpevoli d'ogni sorta di gravi delitti. Nel nome del potere e del denaro tutto si sono concessi. Sede centrale delle loro operazioni quella Roma che bene si prestava, coi suoi scenari e la gente  che la popolava, al clima della rappresentazione.

Marcello Vannucci - I Borgia

Nervi

- Provi piacere ad indispettirmi. Non hai nessuna pietà dei miei poveri nervi.
- Ti sbagli, mia cara. Ho un grande rispetto per i tuoi nervi. Sono miei vecchi amici. Ne parli accoratamente da almeno vent'anni.

Jane Austen - Orgoglio e pregiudizio

venerdì 17 febbraio 2012

Fuga

In tempi come questi la fuga è l'unico mezzo per mantenersi vivi e continuare a sognare

Henry Laborit