Gli ripugnava perdere il benché minimo istante ad analizzare il mondo in cui viveva. Ormai da tempo aveva deciso che si trovava nel passaggio tra l'infanzia e la vecchiaia di un destino personale e intrasferibile, di una vita che nessuno avrebbe vissuto a posto suo, né più, né meno, né meglio, né peggio. Gli altri potevano andarsene affanculo. Aveva limitato la sua capacità di provare emozioni astratte a quell'unica che gli poteva comunicare il paesaggio. Le rimanenti emozioni erano la sua pelle a procurargliele.
Lo girarono. Fu allora che un ragazzino notò qualcosa di leggibile sulla schiena. Una mano spostò i granelli di sabbia bagnata. Qualcuno lesse a voce alta la scritta tatuata sulla pelle: Sono nato per rivoluzionare l'inferno.
Che importa dove di giace quando si è morti? In fondo a un pozzo melmoso o in una torre d'avorio sulla cima di una montagna? Si è morti, si dorme il grande sonno, non ci si preoccupa più di certe miserie.