Una volta morti, però, tutti abbiamo diritto a ottenere compassione,
tenerezza, carità: solo i vivi non ottengono perdono – i vivi
allontanano l’indulgenza e il rispetto degli uomini come il vento
impetuoso dell’est allontana la pioggia. Finché il cuore batte,
feritelo, è la vostra sola opportunità; finché gli occhi possono ancora
volgersi verso di voi colmi di preghiere e di lacrime, freddateli con
uno sguardo gelido e crudele; finché l’orecchio, il delicato messaggero
delle cose più segrete dell’animo, può ancora percepire i toni della
gentilezza, sbarazzatevene con fredda cortesia, con beffarda affabilità,
con affettata indifferenza; finché l’intelletto creativo freme davanti
all’ingiustizia, struggendosi per un desiderio di fratellanza umana,
affrettatevi, opprimetelo con i giudizi malevoli, con i paragoni
superficiali, con la noncuranza che distorce le cose. A lungo andare il
cuore non batterà più – ubi saeva indignatio ulterior cor lacerare nequit;
gli occhi cesseranno di chiedere; l’orecchio diverrà sordo; la mente
avrà smesso di pensare e non avrà più bisogno di nulla. Allora i vostri
discorsi caritatevoli potranno avere libero sfogo; potrete ricordare e
compatire la fatica, la lotta disperata, il fallimento; allora potrete
dare il giusto valore a quanto di buono era stato fatto, trovare le
attenuanti agli errori e magari accettare di dimenticarli.
Il velo dissolto, George Eliot
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