domenica 30 ottobre 2016

Compassione

Una volta morti, però, tutti abbiamo diritto a ottenere compassione, tenerezza, carità: solo i vivi non ottengono perdono – i vivi allontanano l’indulgenza e il rispetto degli uomini come il vento impetuoso dell’est allontana la pioggia. Finché il cuore batte, feritelo, è la vostra sola opportunità; finché gli occhi possono ancora volgersi verso di voi colmi di preghiere e di lacrime, freddateli con uno sguardo gelido e crudele; finché l’orecchio, il delicato messaggero delle cose più segrete dell’animo, può ancora percepire i toni della gentilezza, sbarazzatevene con fredda cortesia, con beffarda affabilità, con affettata indifferenza; finché l’intelletto creativo freme davanti all’ingiustizia, struggendosi per un desiderio di fratellanza umana, affrettatevi, opprimetelo con i giudizi malevoli, con i paragoni superficiali, con la noncuranza che distorce le cose. A lungo andare il cuore non batterà più – ubi saeva indignatio ulterior cor lacerare nequit; gli occhi cesseranno di chiedere; l’orecchio diverrà sordo; la mente avrà smesso di pensare e non avrà più bisogno di nulla. Allora i vostri discorsi caritatevoli potranno avere libero sfogo; potrete ricordare e compatire la fatica, la lotta disperata, il fallimento; allora potrete dare il giusto valore a quanto di buono era stato fatto, trovare le attenuanti agli errori e magari accettare di dimenticarli.

Il velo dissolto, George Eliot

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