domenica 30 ottobre 2016

Tenebre

Perché io prevedo il momento della mia morte e tutto quanto accadrà in quegli istanti estremi. Esattamente tra un mese, il 20 settembre 1850, alle dieci di sera, mi troverò seduto su questa poltrona, in questo studio, stanco di intuire e di prevedere ancora, senza delusioni e senza speranze. Mentre guarderò la lingua bluastra di una fiamma alzarsi nel camino e la lampada starà languendo, comincerà nel mio petto l’orribile contrazione. Avrò appena il tempo di raggiungere il campanello e tirare con forza il cordone prima che sopraggiunga il senso di soffocamento. Nessuno risponderà alla mia chiamata. Io so perché. I miei due domestici sono amanti, e avranno litigato: la governante se ne sarà andata via di casa furiosa due ore prima, sperando di far credere a Perry che si sarebbe annegata. Alla fine Perry, allarmato, le è corso dietro. La piccola sguattera si è addormentata su una panca: non risponde al campanello, non si sveglia neppure… Il senso di soffocamento cresce: la lampada si spegne, con un orribile puzzo… Compio un enorme sforzo, mi attacco di nuovo al campanello. Ho paura di morire, ma nessuno viene in mio aiuto. Avevo sete di cose sconosciute; quella sete è scomparsa. O Dio, lasciatemi con ciò che già conosco e di cui già sono stanco: non chiedo altro. Agonia di dolore e soffocamento – e intanto la terra, i campi, il ruscello sassoso dietro il gruppo di vecchie casupole, il sentore di fresco dopo la pioggia, la luce del mattino attraverso la finestra della mia camera, il caldo del focolare dopo l’aria gelata – su tutto questo scenderanno per sempre le tenebre?
Tenebre – tenebre – nessun dolore – null’altro che tenebre… Passo e ripasso nelle tenebre: i miei pensieri diventano tutt’uno con quell’oscurità, con la sensazione di sprofondarvi sempre più…

Il velo dissolto, George Eliot

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