Al narratore del romanzo, nonché protagonista, non viene mai dato un nome, ma vita e familiari ricordano così tanto Bassani che qualche critico ha preso l'abitudine di chiamarlo B. Il padre, un ottimista, oltre che ex dottore divenuto amministratore di una vecchia proprietà di famiglia, è felice di entrare a far parte dell'Italia moderna e si augura lo stesso grado di integrazione per la sua famiglia e per la comunità ebraica nel suo complesso. Si vede contemporaneamente ebreo e italiano e crede che non sarà costretto a scegliere. Sembra un atteggiamento ammirevole. È un uomo che accetta di buon grado la responsabilità sociale ed è presidente del comitato che si occupa del cimitero ebraico locale. Ma non va dimenticato che partecipare pienamente alla vita pubblica italiana degli anni Trenta implica l'ingresso nel Partito Fascista. Nel '33 il padre di B è orgoglioso del fatto che il novanta percento degli ebrei di Ferrara siano tesserati fascisti e lo manda in bestia che il padre di Micol, Ermanno Finzi-Contini, si rifiuti di entrare nel partito. Quando, per risparmiare a quest'uomo ricco e appartato ogni eventuale noia burocratica, gli viene preparata e portata fino a casa la tessera del partito, il professore (perché Ermanno Finzi-Contini è un uomo di cultura, pur non avendo alcuna collocazione all'interno dell'università) la rimanda indietro. Nel lettore sarà forte la tentazione di parteggiare per il professore e la sua presa di posizione, soprattutto perché, in ogni altra occasione, Ermanno si dimostra cortese e gentile. Se non fosse che la sua reazione non è dettata da un convinto sentimento antifascista ma, piuttosto, dall'istinto a isolare se stesso e la propria famiglia, non solo dalla società italiana, ma persino dalla comunità ebraica.
Tim Parks, L'allarmante modernità dei Finzi Contini