Permettetemi di formulare la cosa in questo modo: la "dignità" in un maggiordomo, ha a che fare, fondamen-talmente, con la capacità di non abbandonare il professionista nel quale si incarna.
Maggiordomi di minor levatura sono pronti, alla minima provocazione, a metter da parte la loro figura professionale per lasciare emergere la dimensione privata. Per simili personaggi, fare il maggiordomo è come recitare in una pantomima; basta una piccola spinta, un lieve inciampo, ed ecco che la facciata cade scoprendo l'attore che c'è sotto. I grandi maggiordomi sono grandi proprio per la capacità che hanno di vivere all'interno del loro ruolo professionale e di viverci fino in fondo; sono individui che non si fanno sconvolgere da eventi esterni, per quanto sorprendenti, allarmanti o irritanti questi possano essere. Essi portano su di sé la loro professionalità allo stesso modo in cui un vero gentiluomo porta l'abito che indossa: e cioè senza consentire a dei mascalzoni o alle circostanze di strapparglielo di dosso davanti agli occhi di tutti; sarà egli stesso ad abbandonarlo quando stabilirà di farlo e soltanto allora, cosa che invariabilmente accadrà quando egli sarà rigorosamente solo. Si tratta, come dicevo, di una questione di "dignità".
Kazuo Ishiguro, Quel che resta del giorno