Come d'arbor cadendo un picciol pomo,
Cui là nel tardo autunno
Maturità senz'altra forza atterra,
D'un popol di formiche i dolci alberghi,
Cavati in molle gleba
Con gran lavoro, e l'opre
E le ricchezze che adunate a prova
Con lungo affaticar l'assidua gente
Avea provvidamente al tempo estivo,
Schiaccia, diserta e copre
In un punto; così d'alto piombando,
Dall'utero tonante
Scagliata al ciel profondo,
Di ceneri e di pomici e di sassi
Notte e ruina, infusa
Di bollenti ruscelli
O pel montano fianco
Furiosa tra l'erba
Di liquefatti massi
E di metalli e d'infocata arena
Scendendo immensa piena,
Le cittadi che il mar là su l'estremo
Lido aspergea, confuse
E infranse e ricoperse
In pochi istanti: onde su quelle or pasce
La capra, e città nove
Sorgon dall'altra banda, a cui sgabello
Son le sepolte, e le prostrate mura
L'arduo monte al suo piè quasi calpesta.
Non ha natura al seme
Dell'uom più stima o cura
Che alla formica: e se più rara in quello
Che nell'altra è la strage,
Non avvien ciò d'altronde
Fuor che l'uom sue prosapie ha men feconde.
...................
La Ginestra - Giacomo Leopardi
versi 202 - 236
_______________________________________
Parafrasi
Come un piccolo frutto, in autunno inoltrato,
la sola maturazione, senza il concorso di altre forze
(maturità senz'altra forza) fa precipitare a terra,
e cadendo schiaccia, annienta e sommerge (copre)
in un attimo i nidi scavati nel molle terreno
dalle formiche con grande fatica e lavoro
e provviste che quella gente laboriosa (l'assidua gente,
le formiche) avevano accumulato con previdenza,
a gara, durante l’estate; allo stesso modo
le tenebre ed una valanga (ruina) di ceneri,
di rocce laviche (pomici) e di pietre, miste a ruscelli
di lava (bollenti) piombando dall’alto,
(dopo esser stata) scagliata verso il cielo d
alle viscere fragorose (utero tonante) del vulcano,
oppure un’immensa piena di massi liquefatti,
e di metalli e di sabbia (arena) infuocata,
scendendo furiosa tra l'erba lungo il pendio della montagna,
sconvolse (confuse), distrusse (infranse) e
ricoprì (ricoperse) in pochi istanti le città
che il mare lambiva là sulla costa: per cui su quelle (città)
ora pascola la capra, e nuove città sorgono dall’altra parte
sopra quelle sepolte (a cui sgabello son le sepolte) e
l’alto monte quasi calpesta con il suo piede
le mura cadute (prostrate mura).
La natura non nutre più attenzione, nè maggiore
considerazione per la specie umana (seme dell'uom)
che per la formica, e se avviene che le stragi sono meno frequenti tra gli uomini che tra le formiche, ciò dipende solo dal fatto che la stirpe degli uomini è meno feconda (cioè gli uomini sono meno numerosi delle formiche: è dunque una questione statistica.)
(http://www.parafrasando.it/LaGinestra.htm)
domenica 26 settembre 2010
Pompei casa del Fauno
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento