Lord Warburton le si ergeva dinanzi, in grandezza e splendore, come una collezione di attributi e di poteri che erano incommensurabili a quella sua semplice regola, e anzi richiedevano un genere diverso di valutazione: una valutazione che la ragazza, abituata com'era a dar giudizi rapidi e liberi, non si sentiva la pazienza di formulare. Egli pareva pretendere da lei qualcosa che nessun altro, in effetti, si era mai sognato di chiederle. Ciò che lei sentiva era che un magnate della proprietà terriera, un magnate politico e sociale, aveva concepito il disegno di tirarla dentro il sistema nel quale egli, in modo abbastanza invidiabile, viveva e si muoveva. Un certo istinto, non imperioso ma persuasivo, le diceva di resistere... . Le sussurrava che virtualmente anche lei aveva un sistema e un'orbita suoi propri. Le diceva anche altre cose: cose che si contraddicevano e insieme si confermavano l'un l'altra; che a una ragazza poteva capitare molto di peggio che affidarsi a un uomo simile e che sarebbe stato molto interessante vedere un poco del sistema di lui dal suo punto di vista; che d'altra parte, però, in esso c'era senza dubbio una gran quantità di cose che a lei sarebbero apparse nient'altro che complicazioni di ogni ora, e che anche nel suo complesso c'era qualcosa di rigido e di sciocco che gliel'avrebbe reso pesante.
Henry James, Ritratto di signora