Emergeva una sensazione. Qualcosa di simile alla paura per il modo in cui mi colmava e cresceva nel mio petto. Qualcosa di simile alle lacrime per il modo improvviso in cui arrivava. Ma non era nessuna delle due, perché era esuberante e non greve, luminosa e non spenta. In vita mia avevo già conosciuto l'appagamento, brevi frammenti di tempo a cui mi ero dedicato a qualche piacere solitario: far rimbalzare sassi sul pelo dell'acqua, giocare a dadi, sognare. Ma in realtà si era trattato non tanto di una presenza quanto di un'assenza, di una sospensione della paura: mio padre non era nelle vicinanze, e neanche gli altri ragazzi. Non avevo fame, non ero stanco, non stavo male.
Questa sensazione invece era diversa. Mi sorprende o a sogghignare finché non mi facevano male le guance, e il mio cuoio capelluto mi formicolava così tanto che pensavo fosse sul punto di staccarsi dal mio cranio. La mia lingua era sciolta, inebriata dalla libertà.
Madeline Miller, La canzone di Achille
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