domenica 22 dicembre 2024

Pregiudizi e democrazia

I pregiudizi nascono nella testa degli uomini. Perciò bisogna combatterli nella testa degli uomini, cioè con lo sviluppo delle conoscenze, e quindi con l'educazione, attraverso la lotta incessante contro ogni forma di settarismo. Vi sono uomini che si ammazzano per una partita di calcio. Dove nasce questa passione se non nella loro testa? Non è un toccasana, ma credo che la democrazia possa servire anche a questo: la democrazia, vale a dire una società in cui le opinioni sono libere e quindi sono costrette a scontrarsi e scontrandosi a depurarsi. Per liberarsi dai pregiudizi, gli uomini hanno bisogno prima di tutto di vivere in una società libera.

Norberto Bobbio, Elogio della mitezza

Discriminazione razziale

Nei rapporti fra il Nord e il Sud a livello mondiale nessuno mette in dubbio la superiorità del Nord rispetto al Sud se non altro sotto l'aspetto tecnologico. Ma da questa superiorità nessuno ritiene di poter derivare la conseguenza per cui è bene che il Nord viva nell'abbondanza e il Sud patisca la fame. Il rapporto di diversità, e anche quello di superiorità, non implicano le conseguenze della discriminazione razziale. La quale non si arresta alla considerazione della superiorità di una razza sull'altra, ma compie un altro passo decisivo (quello che ho chiamato la terza fase nel processo di discriminazione): sostiene che proprio sulla base del giudizio che una razza è superiore e l'altra inferiore, la prima deve comandare, la seconda obbedire, la prima dominare, l'altra essere soggetta, la prima vivere, l'altra morire. Dal rapporto superiore-inferiore può derivare tanto la concezione per cui il superiore ha il dovere di aiutare l'inferiore a raggiungere un livello più alto di benessere e di civiltà, quanto la concezione per cui il superiore ha il diritto di sopprimere l'inferiore. Solo quando la diversità conduce a questo secondo modo concepire il rapporto fra superiore e inferiore si può a buon diritto parlare di vera e propria discriminazione con tutte le aberrazioni che ne seguono. Tra queste aberrazioni quella storicamente più distruttiva è stata la «soluzione finale» escogitata dai nazisti per risolvere il problema ebraico nel mondo: lo sterminio sistematico di tutti gli ebrei esistenti in tutti i paesi in cui il nazismo aveva esteso il suo dominio. Per arrivare a questa conclusione i dottrinari del nazismo erano dovuti passare attraverso queste tre diverse fasi: a) gli ebrei sono diversi dagli ariani; b) gli ariani sono una razza superiore; c) le razze superiori debbono dominare quelle inferiori, anche sopprimendole qualora sia necessario alla propria conservazione.

Norberto Bobbio, Elogio della mitezza


martedì 17 dicembre 2024

Stress e sonno

L'individuo abituato allo stress è di solito una persona di successo, o di potere, che ha bisogno di esercitare un controllo sul mondo circostante, cose e persone incluse. Ciascuno di noi conosce qualche esempio di questo genere: imprenditori superindaffarati, mamme che «fannotuttosololoro», impiegati che mandano avanti l'intero ufficio. Ma per avere sempre un livello molto alto di controllo è necessario avere nel sangue un alto livello di zuccheri, e ciò viene garantito da alte concentrazioni di neuropeptide Y, un neurotrasmettitore che orienta la nostra fame di zuccheri. Il grasso così s'accumula, insieme a tutti gli altri effetti negativi dello stress che tristemente conosciamo: inibizione immunitaria, disturbi del sonno, alterazioni dell'appetito, riduzione della memoria e delle capacità cognitive in genere, stanchezza e infertilità.

Nardone Speciani, Mangia muoviti ama

domenica 8 dicembre 2024

Era mio padre

«Chi era?», domandò mio padre, non appena fui rientrato in tinello. Nella stanza non era rimasto che lui. Sedeva in poltrona accanto al mobiletto della radio, nella abituale, ansiosa attesa del notiziario delle due. 
«Alberto Finzi-Contini.» 
«Chi? Il ragazzo? Che degnazione! E cosa vuole?» Mi scrutava coi suoi occhi azzurri, smarriti, che da molto tempo avevano perduto la speranza di impormi qualcosa, di riuscire a indovinare quello che mi passasse per la testa. Lo sapeva bene - mi diceva con gli occhi -, che le sue domande mi infastidivano, che la sua continua pretesa di ingerirsi nella mia vita era indiscreta, ingiustificata. Ma santo Dio, non era mio padre? E non vedevo come fosse invecchiato, in quell'ultimo anno? Con la mamma e con Fanny non era il caso che si confidasse: erano donne. Con Ernesto nemmeno: troppo putin. Con chi doveva parlare, allora? Possibile che non capissi che era proprio di me che lui aveva bisogno?

Giorgio Bassani, Il giardino dei Finzi Contini

Il giardino dei Finzi Contini e gli ebrei

Al narratore del romanzo, nonché protagonista, non viene mai dato un nome, ma vita e familiari ricordano così tanto Bassani che qualche critico ha preso l'abitudine di chiamarlo B. Il padre, un ottimista, oltre che ex dottore divenuto amministratore di una vecchia proprietà di famiglia, è felice di entrare a far parte dell'Italia moderna e si augura lo stesso grado di integrazione per la sua famiglia e per la comunità ebraica nel suo complesso. Si vede contemporaneamente ebreo e italiano e crede che non sarà costretto a scegliere. Sembra un atteggiamento ammirevole. È un uomo che accetta di buon grado la responsabilità sociale ed è presidente del comitato che si occupa del cimitero ebraico locale. Ma non va dimenticato che partecipare pienamente alla vita pubblica italiana degli anni Trenta implica l'ingresso nel Partito Fascista. Nel '33 il padre di B è orgoglioso del fatto che il novanta percento degli ebrei di Ferrara siano tesserati fascisti e lo manda in bestia che il padre di Micol, Ermanno Finzi-Contini, si rifiuti di entrare nel partito. Quando, per risparmiare a quest'uomo ricco e appartato ogni eventuale noia burocratica, gli viene preparata e portata fino a casa la tessera del partito, il professore (perché Ermanno Finzi-Contini è un uomo di cultura, pur non avendo alcuna collocazione all'interno dell'università) la rimanda indietro. Nel lettore sarà forte la tentazione di parteggiare per il professore e la sua presa di posizione, soprattutto perché, in ogni altra occasione, Ermanno si dimostra cortese e gentile. Se non fosse che la sua reazione non è dettata da un convinto sentimento antifascista ma, piuttosto, dall'istinto a isolare se stesso e la propria famiglia, non solo dalla società italiana, ma persino dalla comunità ebraica.

Tim Parks, L'allarmante modernità dei Finzi Contini
La prima cosa che impariamo, dunque, della comunità ebraica di Ferrara degli anni Trenta è che, pur contando poche centinaia di anime, è tutt'altro che compatta. Al contrario, si fonda sullo scisma. La sinagoga principale è divisa in un primo piano che segue il culto tedesco e un secondo piano che segue il culto italiano, mentre una sinagoga orientale più piccola e discreta rimane a sé stante. Paradossalmente, la consapevolezza di queste assurde divisioni crea una forte complicità tra gli ebrei della città, a qualsiasi gruppo appartengano: sono al corrente di segreti che il resto della società italiana non potrebbe mai nemmeno immaginare. Ne emerge una psicologia che fa perfettamente al caso di chi cerca di spiegare la società multietnica di oggi: «Gli altri, tutti gli altri [i non ebrei], senza escludere dal novero nemmeno i compagni di scuola, gli amici d'infanzia e di giochi incomparabilmente più amati (almeno da me), inutile pensare di erudirli in una materia così privata. Povere anime! A questo proposito non erano da considerarsi tutti, se non degli esseri semplici e rozzi condannati a vita in fondo a irrimediabili abissi di ignoranza, ovvero - come diceva perfino mio padre, sogghignando benignamente - dei «negri goim». In questo senso è la comunità ebraica a escludere gli altri e non viceversa. Molti personaggi ebrei del romanzo nutrono un complesso di superiorità nei confronti dei non ebrei, complesso che effettivamente si intensifica quando, nel '38, inizia la persecuzione vera e propria, fosse anche soltanto perché è palesemente brutale e insensata.

Tim Parks, L'allarmante modernità dei Finzi Contini

Ebreo per rito

Giacché cosa mai significava la parola «ebreo», in fondo? Che senso potevano avere, per noi, espressioni quali «Comunità israelitica» o «Università israelitica», visto che prescindevano completamente dall'esistenza di quell'ulteriore intimità, segreta, apprezzabile nel suo valore soltanto da chi ne era partecipe, derivante dal fatto che le nostre due famiglie, non per scelta, ma in virtù di una tradizione più antica di ogni possibile memoria, appartenevano al medesimo rito religioso, o meglio alla medesima Scuola?

Giorgio Bassani, Il giardino dei Finzi Contini

domenica 1 dicembre 2024

Geopolitica e Tibet

L'attore Richard Gere e il movimento per la libertà del Tibet continueranno a tuonare contro l'occupazione, e adesso anche contro la colonizzazione del Tibet da parte dei cinesi di etnia Han; ma in una battaglia tra il Dalai Lama, il movimento per l'indipendenza del Tibet, le star di Hollywood e il partito comunista cinese - che controlla la seconda economia mondiale - ci potrebbe essere un solo vincitore. Quando gli occidentali, da Gere a Obama, parlano del Tibet, i cinesi lo trovano estremamente irritante. Non pericoloso, non sovversivo: semplicemente irritante. Non vedono queste prese di posizione con la lente dei diritti umani, ma con quella della sicurezza geopolitica, per cui credono che gli occidentali stiano tentando di mettere a repentaglio la loro sicurezza. Ma la sicurezza dei cinesi non è stata messa in pericolo, e non lo sarà neanche se vi fossero ulteriori sollevazioni contro gli Han: sono la demografia e la geopolitica che si oppongono all'indipendenza del Tibet.

Tim Marshal, Le 10 mappe che spiegano il mondo