sabato 3 aprile 2010

Fede e ragione

"Mi sono sempre sentita diversa e staccata da te", riprese Luisa, "nel sentimento che deve governare tutti gli altri. Tu hai le idee religiose di mia madre. Mia madre intendeva e tu intendi la religione come un insieme di credenze, di culto e di precetti, ispirato e dominato dall'amor di Dio. Io ho sempre avuto ripugnanza a concepirla così, non ho mai potuto veramente sentire, per quanto mi sforzassi, questo amore di un Essere invisibile e incomprensibile, non ho mai potuto capire il frutto di costringer la mia ragione ad accettare cose che non intende. Però mi sentivo un desiderio ardente di dirigere la mia vita a qualche cosa di bene secondo un'idea superiore al mio interesse. E poi mia madre mi aveva talmente penetrata, con l'esempio e con la parola, de' miei doveri verso Dio e la Chiesa, che i miei dubbi mi davano un grandissimo dolore, li combattevo quanto potevo. Mia madre era una santa. Ogni atto della sua vita corrispondeva alla sua fede. Anche questo poteva molto sopra di me e poi sapevo che la maggiore afflizione della sua vita era stata l'incredulità di mio padre. Ho conosciuto te, ti ho amato, ti ho sposato, mi sono confermata nel proposito di diventare, nelle cose di religione, come te, perché tu eri come mia madre. Ma ecco, un po' alla volta, ho trovato che tu non eri come mia madre. Debbo dire anche questo?"
"Sì, tutto."
"Ho trovato che tu eri la bontà stessa, che avevi il cuore più caldo, più generoso, più nobile della terra, ma che la tua fede e le tue pratiche rendevano quasi inutili tutti questi tesori. Tu non operavi. Tu eri contento di amar me, la bambina, l'Italia, i tuoi fiori, la tua musica, le bellezze del lago e delle montagne. In questo seguivi il tuo cuore. Per l'ideale superiore ti bastava di credere e di pregare. Senza la fede e senza la preghiera tu avresti dato il fuoco che hai nell'anima a quello ch'è sicuramente vero, ch'è sicuramente giusto qui sulla terra, avresti sentito quel bisogno di operare che sentivo io. Tu lo sai, già, come ti avrei voluto in certe cose! Per esempio, chi sente il patriottismo più di te? Nessuno. Bene, io avrei voluto che tu cercassi di servirlo proprio davvero, poco o molto, il tuo paese. Adesso vai in Piemonte ma ci vai sopra tutto perché non abbiamo quasi più da vivere."
Franco accigliatissimo, fece un atto iracondo di protesta.
"Se vuoi", disse umilmente Luisa, "mi fermo."
"No, no, avanti, fuori tutto, è meglio!"
Egli rispose tanto concitato, tanto sdegnoso, che Luisa tacque e solo ripigliò il suo discorso dopo un altro "avanti!".
"Anche senz'andare in Piemonte ci sarebbe stato da fare in Valsolda, in Val Porlezza, in Vall'Intelvi quello che fa V. sul lago di Como, mettersi in relazione colla gente, tener vivo il sentimento buono, preparare tutto ciò ch'è bene preparare per il giorno della guerra, se verrà. Io te lo dicevo e tu non ti persuadevi, mi facevi tante difficoltà. Questa inerzia favoriva la mia ripugnanza al concetto tuo della religione e la mia tendenza ad un altro concetto. Perché religiosa mi sentivo anch'io moltissimo. Il concetto religioso che mi si veniva formando sempre più chiaro nella mente era questo, in breve: Dio esiste, è anche potente, è anche sapiente, tutto come credi tu; ma che noi lo adoriamo e gli parliamo non gliene importa nulla. Ciò ch'egli vuole da noi lo si comprende dal cuore che ci ha fatto, dalla coscienza che ci ha dato, dal luogo dove ci ha posto. Vuole che amiamo tutto il bene, che detestiamo tutto il male, e che operiamo con tutte le nostre forze secondo quest'amore e quest'odio, e che ci occupiamo solamente della terra, delle cose che si possono intendere, che si possono sentire! Adesso capisci come concepisco io il mio dovere, il nostro dovere, di fronte a tutte le ingiustizie, a tutte le prepotenze!"

Fogazzaro - Piccolo Mondo Antico - Cap 8

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