L'abate Luigi Lanzi, un antico storico dell'arte, nel suo
libro La storia pittorica d'Italia,
spiega come nel grande maestro Raffaello, il principe degli artisti
rinascimentali, si possano ritrovare tutte le parti della pittura, e cioè come
Raffaello sia il simbolo del pittore per eccellenza, colui il quale sa tutto,
controlla tutto e riesce a realizzare ogni aspetto dell’arte.
Tra gli aspetti dell’arte che il Lanzi illustra, c’è quello
che il Lanzi chiama il “colorito”, vale
a dire l’eccellenza del pittore nella capacità di utilizzare il colore. E tale
eccellenza era vista in quel tempo nell’opera di Sebastiano del Piombo.
Un’altra parte fondamentale della pittura analizzata dal
Lanzi c’è il “chiaroscuro”: è quella
particolare attitudine attraverso la quale l’artista, il pittore dà volume alle
sue immagini. Anche in questo caso si può fare un paragone tra Raffaello e
altri artisti del suo tempo.
Nel corso della storia questo aspetto è molto cambiato. Se
si pensa alla storia dell’arte medioevale, quando le immagini che vediamo appaiono
poco rilevate sul piano, o all’arte bizantina, dove la nostra percezione è
quella di figure che sembrano ritagliate, prive di spazio, tuttavia sempre c’è
stato nel lavoro degli artisti questa attenzione a dare corpo alle immagini. Secondo
le analisi del Lanzi c’era stato nel ‘500 un ambiente dove questa attitudine si
era molto sviluppata: il mondo veneto ferrarese, quella scuola artistica che
fiorì nel nord Italia soprattutto alla corte di Ferrara.
Il Garofano, l’Ortolano, Dosso Dossi sono tre grandi maestri
della scuola ferrarese. Il Garofalo e l’Ortolano rimasero per tutta la vita ancorati
al loro ambiente d’origine, anche se oggi le loro opere sono in giro per il
mondo. Questi artisti della corte ferrarese lavoravano in un ambiente ai
confini con lo stato Pontificio, e pertanto in un confine politico, geografico
e culturale nell’ambito dell’Italia tutta: era una zona caratterizzata da una
laicità che si contrapponeva alla cultura fiorita nell’ambito della curia
romana. Le loro opere rappresentano una coscienza laica, anche se rappresentano
opere di arte sacra: quando furono conosciute fuori dal loro ambiente
provocarono una impressione fortissima. Alcune di queste opere si possono vedere
nella Galleria Borghese di Roma. Una delle più grandi opere del ‘500 qui
rappresentate è dell’Ortolano: Cristo deposto dalla croce. Questo quadro
eseguito nei primi anni del 500 sembra il simbolo stesso della solennità, della
grandezza morale, della quiete solenne che vive naturalmente all’interno dei
grandi spiriti. Un’opera magnifica di colore, potentissima in quel chiaroscuro
di cui parla il Lanzi, cioè l’attitudine a dare volume, presenza, potenza,
forza alle figure.
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