sabato 10 dicembre 2011

Lanzi, colorito e chiaroscuro


L'abate Luigi Lanzi, un antico storico dell'arte, nel suo libro La storia pittorica d'Italia, spiega come nel grande maestro Raffaello, il principe degli artisti rinascimentali, si possano ritrovare tutte le parti della pittura, e cioè come Raffaello sia il simbolo del pittore per eccellenza, colui il quale sa tutto, controlla tutto e riesce a realizzare ogni aspetto dell’arte.
Tra gli aspetti dell’arte che il Lanzi illustra, c’è quello che il Lanzi chiama il “colorito”, vale a dire l’eccellenza del pittore nella capacità di utilizzare il colore. E tale eccellenza era vista in quel tempo nell’opera di Sebastiano del Piombo.

Un’altra parte fondamentale della pittura analizzata dal Lanzi c’è il “chiaroscuro”: è quella particolare attitudine attraverso la quale l’artista, il pittore dà volume alle sue immagini. Anche in questo caso si può fare un paragone tra Raffaello e altri artisti del suo tempo.
Nel corso della storia questo aspetto è molto cambiato. Se si pensa alla storia dell’arte medioevale, quando le immagini che vediamo appaiono poco rilevate sul piano, o all’arte bizantina, dove la nostra percezione è quella di figure che sembrano ritagliate, prive di spazio, tuttavia sempre c’è stato nel lavoro degli artisti questa attenzione a dare corpo alle immagini. Secondo le analisi del Lanzi c’era stato nel ‘500 un ambiente dove questa attitudine si era molto sviluppata: il mondo veneto ferrarese, quella scuola artistica che fiorì nel nord Italia soprattutto alla corte di Ferrara.
Il Garofano, l’Ortolano, Dosso Dossi sono tre grandi maestri della scuola ferrarese. Il Garofalo e l’Ortolano rimasero per tutta la vita ancorati al loro ambiente d’origine, anche se oggi le loro opere sono in giro per il mondo. Questi artisti della corte ferrarese lavoravano in un ambiente ai confini con lo stato Pontificio, e pertanto in un confine politico, geografico e culturale nell’ambito dell’Italia tutta: era una zona caratterizzata da una laicità che si contrapponeva alla cultura fiorita nell’ambito della curia romana. Le loro opere rappresentano una coscienza laica, anche se rappresentano opere di arte sacra: quando furono conosciute fuori dal loro ambiente provocarono una impressione fortissima. Alcune di queste opere si possono vedere nella Galleria Borghese di Roma. Una delle più grandi opere del ‘500 qui rappresentate è dell’Ortolano: Cristo deposto dalla croce. Questo quadro eseguito nei primi anni del 500 sembra il simbolo stesso della solennità, della grandezza morale, della quiete solenne che vive naturalmente all’interno dei grandi spiriti. Un’opera magnifica di colore, potentissima in quel chiaroscuro di cui parla il Lanzi, cioè l’attitudine a dare volume, presenza, potenza, forza alle figure.

Claudio Strinati

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