Nella politica della città imperiale di Pericle di Atene il politico doveva convincere i cittadini: l'uso della parola era lo strumento principe per ottenere il consenso, e questo consenso era per far realizzare una politica i cui rischi non erano certamente da poco. Socrate ha visto all'opera quella che con termine greco si chiama demagogia, che all'origine non è un termine negativo: è un termine che indica la leadership, il fatto di essere capaci di guidare il popolo verso decisioni, la massa verso una decisione unitaria. La demagogia, il guidare il demo, è il capolavoro di Pericle, ed è questo che Socrate, all'ingresso della sua vita nella comunità si trova davanti: di fronte a questo miracolo dell'uno che convince i molti. O sarà invece lui trascinato dai molti?
La parola è dunque lo strumento intorno a cui ruota questa vicenda: la parola del singolo che trascina gli altri, ma che per trascinare gli altri probabilmente asseconda quello che gli altri desiderano sentirsi dire.
Uno scrittore tardo di età repubblicana-romana, Diodoro di Sicilia, fa l'elogio della parola in un passo della sua storia quando dice che "la parola è quella che distingue gli educati dai selvatici, i greci dai barbari, è lo strumento che consente al singolo di prevalere sui molti"; questo modello si trova già nell'Iliade: il vecchio Nestore, tra i tanti eroi che nell'Iliade sono grossolani, rozzi, aggressivi, irruenti, violenti, domina l'uso della parola, colui che sa parlare; le cui parole, dice Omero, cadono come fiocchi di neve, per intendere la dolcezza con cui questo strumento (la parola) entra nella coscienza degli ascoltatori e li smuove, ed il singolo, grazie alla parola, diventa più forte. Ma nel momento in cui questo rapporto così stretto tra chi parla e chi ascolta diventa, come inevitabile, un rapporto circolare, allora l'elemento "parlare compiacendo" diventa prevalente, e Aristotele in un passo celeberrimo della Costituzione degli ateniesi dice: "in principio erano le persone per bene che facevano i demagoghi, ma dopo la morte di Pericle cominciò la divisione tra buoni e cattivi politici, e apparve sulla scena a capo del popolo Cleone, uno che parlava con la cintura stretta intorno al corpo", che era un segno di violenza, di voler tenersi addosso stretto l'abito per potersi muovere con irruenza, "che si mise ad urlare e che gridava dalla tribuna, e che desiderava soltanto di compiacere la massa".
Ecco dove la circolarità tra chi parla e chi ascolta diventa fonte di pericolo e di cattiva politica. Gli ateniesi si interrogarono a lungo se Pericle fosse stato sempre davvero colui che trascinava verso una positiva soluzione gli altri, o se invece era colui che sottilmente interpretava le pulsioni, le passioni, i desideri della massa degli ascoltatori.
Luciano Canfora - Socrate
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