venerdì 30 marzo 2018

Povertà e frontiere

Il peccato che può pagarsi il tragitto può viaggiare liberamente e senza passaporto; mentre la Virtù, se è povera, viene fermata a tutte le frontiere 

Herman Melville, Moby Dick 

giovedì 29 marzo 2018

Ogni impedimento è un giovamento

Un giorno notai come un partecipante di un corso che stavo tenendo sembrasse capace di gestire in maniera molto efficace lo stress. Gli chiesi a cosa attribuisse questa capacità: egli mi spiegò che la faceva risalire a un detto che suo padre gli aveva insegnato a Napoli durante l'infanzia: «Ogni impedimento è giovamento». In breve quel proverbio era diventato per lui un atteggiamento costante, un elemento fisso all'interno della sua interpretazione dei fatti.

Resisto dunque sono, Pietro Trabucchi

Valutazione cognitiva

È un concetto chiave: le persone non sono stressate dagli eventi in sé, ma dal modo in cui li interpretano. In altre parole, la resilienza non è questione di spessore dell'epidermide o di robustezza delle cellule nervose: ma è funzione della nostra valutazione cognitiva, del nostro modo di vedere il mondo e di comprendere i fatti.

Resisto dunque sono, Pietro Trabucchi

martedì 27 marzo 2018

Bacio della buonanotte

La mia unica consolazione, quando salivo a coricarmi, era che la mamma sarebbe venuta a darmi un bacio non appena fossi stato a letto. Ma quella buonanotte durava cosi poco, lei ridiscendeva così presto, che il momento in cui la sentivo salire, e poi quando nel corridoio dalla doppia porta trascorreva il fruscio leggero della sua veste da giardino di mussola azzurra, dalla quale pendevano dei cordoncini di paglia intrecciata, era per me un momento doloroso. Era l'annuncio di quello che sarebbe seguito, quando mi avrebbe lasciato, quando sarebbe ridiscesa.

Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto 

Abitudine

L'abitudine! ordinatrice abile ma terribilmente lenta, che comincia con il lasciar soffrire il nostro spirito, per settimane, in una sistemazione provvisoria; ma che, nonostante tutto, esso è ben contento d'incontrare, giacché senza l'abitudine, e ridotto ai suoi soli mezzi, sarebbe impotente a renderci abitabile una casa.

Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto 

Incanto della fantasia

Se, come a volte accadeva, vedevo in lei i lineamenti di una donna che avevo conosciuto nella vita, mi dedicavo interamente a un unico scopo: ritrovarla; come quelli che si mettono in viaggio per vedere con i propri occhi una città desiderata e immaginano si possa godere nella realtà l'incanto della
fantasia.

Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto 

M'addormento

Per molto tempo, mi sono coricato presto la sera. A volte, appena spenta la candela, gli occhi mi si chiudevano così in fretta che nemmeno avevo il tempo di dire a me stesso: "M'addormento". E, una mezz'ora più tardi, il pensiero che era tempo di cercar sonno mi ridestava; volevo posare il libro che credevo di avere ancora fra le mani

Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto 

domenica 25 marzo 2018

Il sostegno della memoria

Sul letto di ferro, un solo pensiero schiaccia dona Flor, la getta, dilaniata, contro il fondo di se stessa: mai più l'avrebbe avuto accanto in un tumulto di sentimenti il suo Vadinho, mai più. 
Quella certezza la penetra e la stronca; lama avvelenata le squarcia il petto, le imputridisce il cuore, cancellando il suo desiderio di sopravvivere, la sua gioventù avida di vita. Nel letto di ferro desiderosa di morire dona Flor. Solo il desiderio la sostiene, solo la memoria persiste. Perché lo aspetta se è inutile? Perché il desiderio divampa come una fiamma, un fuoco che la divora nell'intimo, che la mantiene in vita? Se è inutile, se lui non tornerà, amante spudorato a strapparle di dosso i vestiti o la camicia da notte, ad esporre la sua nudità impubere, dicendo frasi così pazze che neppure nel ricordo lei osa ripeterle, così pazze e indecenti, ma così belle, ahi. Non verrà a toccarle il petto, le anche, il ventre, a svegliarla e addormentarla, temporale di
desideri, uragano che cieca la conduce con sé, brezza di tenerezza, zeffiro di sospiri, e il venir meno per poi svegliarsi nuovamente. Ahi, mai più. Solo il desiderio la sostiene, e le memorie.

Dona Flor e i suoi due mariti, Jorge Amado 

L'amore conta

Nelle sedie avevano preso posto il Prefetto con sua moglie, il Capo della Polizia con la madre e le sorelle, l'Assessore alla Pubblica Istruzione, i comandanti della Polizia Militare e del Corpo dei Pompieri con i loro familiari, il dottor Jorge Calmon e altri signoroni. Dona Flor, in mezzo a tutta quella crema,
sorrise a Vadinho: «Mi dispiace solo che mamma non ci veda... non ci potrebbe credere...noi due seduti col Governo...»
Vadinho rise del suo riso canzonatorio e disse: «Tua madre è un vecchio fossile,
non ha ancora capito che nella vita
quel che conta è l'amore, l'amicizia. II resto è tutta paccottaglia, presunzione, non vale la pena ...»

Dona Flor e i suoi due mariti, Jorge Amado 

Ridere

Don Clemente Nigra, nel cortile del convento prospiciente all'immenso mare verdeazzurro liscio come l'olio osservando suo lutto stretto e straziante, le toccò il viso triste: magra e arresa dona Flor veniva ad ordinare la messa di suffragio del primo mese.
«Figliola,» sussurrò il frate d'avorio, «che disperazione è mai questa? Vadinho era così allegro, gli piaceva tanto ridere... Ogni volta che lo vedevo mi rendevo conto che il peggior peccato mortale è la tristezza, il solo che offenda la vita. Che direbbe lui se ti vedesse cosi? Non gli piacerebbe; a lui non piaceva niente che fosse triste. Se vuoi essere fedele alla memoria di Vadinho, affronta la vita con gioia ...»

Dona Flor e i suoi due mariti, Jorge Amado 

Torna a vivere

«Che cos'è questo? Quanto tempo ancora deve durare questa esibizione?»
«Cosa ci posso fare? Non lo faccio
apposta.»
«E la tua forza di volontà? Di' a te stessa: da domani comincio una nuova vita; chiudi la porta sul passato, torna a vivere.»

Dona Flor e i suoi due mariti, Jorge Amado 

Seppellire in fondo al cuore

Quasi un mese era trascorso e con quella si completava un ciclo di tre visite. Il viso pieno di tristezza di dona Flor la preoccupò: così abbattuta, evidentemente la comare stava male.
«Sotterrate lo Xará una volta per tutte, comare... senno lui comincia a imputridire tutto qui, voi compresa...»
«Non so come fare. Ho un po' di pace solo quando mi ricordo di lui...»
«Invece dovete mettere insieme tutti i ricordi dello Xará, metterli insieme al suo funerale e sotterrare tutto proprio in fondo al cuore. Mettete tutto insieme: il bene e il male, seppellite tutto in fondo al cuore, poi andate al letto e dormite tranquilla.»

Dona Flor e i suoi due mariti, Jorge Amado 

Allevia questo lutto

Dona Norma, sua amica, venne e le disse: «Così non è possibile, Flor. Non è possibile. Fra poco finisce un mese, e tu vivi come un'anima in pena girando per la casa. E la tua casa che era uno specchio ora sta facendo la muffa; sembra, Dio mi perdoni, più un sepolcro dove tu ti sei sotterrata, che una casa. Reagisci, smetti di far così, allevia questo lutto.»

Donna Flor e i suoi due mariti, Jorge Amado 

Figlio della meretrice

Ma avete sbagliato indirizzo, sono ben capace d'allevare mio figlio da me, di farne un uomo di rispetto, non ho bisogno dell'elemosina di nessuno. Può darsi che non diventi un prete con la tonaca, può darsi perfino che diventi un ladro, tutto può essere. Ma chi l'alleva son io, e come pare a me. Sarà il più forte di tutti qui nella zona, con lui ci sarà poco da scherzare, e non lo dò a nessuna riccastra che non ha voluto aver l'incomodo di partorire...

Donna Flor e i suoi due mariti, Jorge Amado

venerdì 23 marzo 2018

Ansia di cose lontane

Io, invece sono tormentato da un'ansia continua per le cose lontane. Mi piace navigare su mari proibiti e scendere su coste barbare. Non ignorando ciò che è bene, sono svelto nel percepire un orrore, e tuttavia, se mi è concesso, non me ne ritraggo. Perché non è che bene sapere essere amico di tutti gli ospiti del posto in cui si abita.

Herman Melville, Moby Dick

Spazzare i ponti

Quando m'imbarco, m'imbarco da marinaio semplice, proprio davanti all'albero, giù a piombo nel castello, su in cima alla testa d'alberetto. È vero che il più delle volte mi fanno sfacchinare e saltare da una manovra all'altra come un grillo in un prato di maggio. E questa storia, dapprima, è piuttosto sgradevole; ti tocca nell'onore, specie se si proviene da qualche vecchia famiglia ben radicata, i Van Renselaer, i Randolph o gli Hardicanute. E più che mai, se proprio prima di cacciare le mani nel secchio del catrame, uno ha vissuto da padrone facendo il maestro di scuola in campagna, dove anche i più lunghi se la facevano sotto. Da maestro a marinaio, credetemi, il passo è forte, e per fare buon viso a quel giochetto ci vuole una potente digestione di Seneca e degli Stoici. Ma anche a questo, col tempo, ci si abitua.
Che importa se qualche vecchia carogna di un capitano mi ordina di prendere la scopa e spazzare i ponti? A che può ammontare l'offesa, se la pesiamo, voglio dire, sulla bilancia del Nuovo Testamento? Credete che l'arcangelo Gabriele possa stimarmi di meno, perché in quel caso particolare obbedisco con prontezza e rispetto a quel vecchio tirchio? Chi non è uno schiavo? Ditemelo. E dunque, per quanto i vecchi capitani mi facciano sfacchinare, per quanto mi sbattano intorno a spintoni e manate, io ho la soddisfazione di sapere che tutto è secondo giustizia; che ogni altro uomo viene servito, in un modo o nell'altro, su per giù allo stesso modo, o sul piano fisico o su quello metafisico, voglio dire; e così la pestata universale viene trasmessa dall'uno all'altro, e le mani di ognuno dovrebbero fregare le scapole dell'altro con soddisfazione di tutti.

Herman Melville Moby Dick

Voglia di imbarcarsi

Perché quasi ogni ragazzo sano e robusto, con dentro un'anima sana e robusta, ammattisce prima o poi dalla voglia d'imbarcarsi? Perché voi stessi, al primo viaggio fatto da passeggeri, avete avvertito un tale brivido misterioso al sentire che voi e la nave avevate perso di vista la terra?

Herman Melville, Moby Dick

Sogni oceanici

Piazzati come sentinelle silenziose tutt'intorno all'abitato, stanno migliaia e migliaia di mortali impietrati in sogni oceanici Alcuni appoggiati ai pali, altri seduti sulle testate dei moli; questi spingono lo sguardo oltre le murate di navi che vengono dalla Cina, quelli aguzzano gli occhi verso l'alto, nelle attrezzature, come cercassero di spaziare ancora meglio sul mare. Ma sono tutti gente di terra, uomini rinserrati nei giorni feriali tra cannicci e intonachi, legati ai banchi, inchiodati agli scanni, ribaditi alle scrivanie.

Herman Melville, Moby Dick

Tempo di mettermi in mare

Qualche anno fa - non importa quando esattamente - avendo poco o nulla in tasca, e niente in particolare che riuscisse a interessarmi a terra, pensai di andarmene un po' per mare, e vedere la parte equorea del mondo. È un modo che ho io di scacciare la tristezza, e regolare la circolazione. Ogni volta che mi ritrovo sulla bocca una smorfia amara; ogni volta che nell'anima ho un novembre umido e stillante; quando mi sorprendo a sostare senza volerlo davanti ai magazzini di casse da morto, o ad accodarmi a tutti i funerali che incontro; e soprattutto quando l'ipocondrio riesce a dominarmi tanto, che solo un robusto principio morale può impedirmi di uscire deciso per strada e mettermi metodicamente a gettare in terra il cappello alla gente, allora mi rendo conto che è tempo di mettermi in mare al più presto: Questo è il mio surrogato della pistola e della. pallottola. Con un gran gesto filosofico Catone si butta sulla spada: io zitto zitto m'imbarco.

Herman Melville, Moby Dick

lunedì 19 marzo 2018

Museo dell'umanità

La morte si addice ai musei. A tutti, non solo al Museo della Guerra. Ogni esposizione - quadri, sculture, oggetti, macchinari - è una natura morta e la gente che si affolla nelle sale, riempiendole e svuotandole come ombre, si esercita al futuro soggiorno definitivo nel grande Museo dell'umanità, del mondo, in cui ognuno è una natura morta.

Claudio Magris, Non luogo a procedere  

martedì 13 marzo 2018

Educazione del cittadino

l'obiettivo non è la spettacolarizzazione, ma l'educazione; il metodo non è la mercificazione, ma la ricerca; il destinatario non è un cliente, ma il cittadino.

Tommaso Montanari e Vincenzo Tritone, Contro le mostre 

venerdì 9 marzo 2018

Sopportazione

Solo Cristo riuscirebbe a sopportare di vivere dona Rozilda e non è neppure del tutto sicuro; sarebbe  stato opportuno provare per vedere se lo stesso Nazareno avesse capacità sufficienti, ché forse neppure lui ce l'avrebbe fatta a sopportarla.

Jorge Amado, Donna Flor e i suoi due mariti 

giovedì 8 marzo 2018

Stermina umore

Quella non è una donna, è un mercoledì delle ceneri, ster mi ina il buon umore di chiunque. 

Donna Flor e i suoi due mariti, Jorge Amado 

Angoscia del gioco

 «Padre, diceva Vadinho, «se Dio voleva davvero far vedere la sua capacità, faceva uscire il 17 dodici volte di fila. Questo sì che era un miracolo di quelli buoni. Allora io venivo e riempivo tutta la chiesa di fiori....
Dio non s'interessa al gioco, figliolo.
«Allora padre lui non sa quel che è buono e quel che non è. Quell'angoscia di vedere la pallina che gira, gira e gira, e uno gioca l'ultima fiche col cuore che gli scoppia...»

Dona Flor e i suoi due mariti, Jorge Amado

martedì 6 marzo 2018

Misura

Ognuno dal proprio cuor l'altrui misura

lunedì 5 marzo 2018

Veglia funebre e appetito

Acciocché una veglia funebre sia animata ed onori effettivamente il defunto che la presiede, rendendogli meno grave la prima confusa notte della sua morte, è necessario dedicarvi cure sollecite, occupandosi del morale e dell'appetito.

Donna Flor e i suoi due mariti, Jorge Amado

sabato 3 marzo 2018

Prestazioni

Che fra la ricca gamma di prestazioni che vengono offerte, si passa dalla semplice masturbazione effettuata dalla meretrice (manuale: 50 soles; orale o «pompino 200), fino all'atto di sodomia (in termini volgari «buco stretto» o «con cacchina»: 250), il 69 (200 soles), spettacolo saffico o «lesbicata» (200 soles cadauna), o casi piú insoliti come quelli di clienti che pretendono dare o ricevere frustate, travestirsi o travestire ed essere adorati, umiliati e persino coperti di feci, stravaganze le cui tariffe oscillano fra i 3oo e i 6oo soles. Che tenendo conto dell'etica sessuale imperante nel paese e delle limitate possibilità il sottoscritto ha preso la decisione di limitare i servizi che pretenderà dalle sue collaboratrici e ai quali di conseguenza potranno aspirare i fruitori, alla prestazione semplice e normale, escludendo ogni deformazione elencata o varie affini.

Mario Vargas Llosa, Pantaleon e le visitatrici

Riposo delle idee

Qualche sera fa, in cucina, facevamo le polpette. Carne bollita di manzo, cardi lessati, parmigiano, pangrattato, due uova, sale, pepe. Terminato l'impasto, modelliamo le polpette e le sistemiamo per bene su un piatto. A questo punto Marina raccomanda: «Ora, prima di
cuocerle, le lasciamo riposare un paio
d'ore, così si rassodano e si amalgamano bene»
Ho pensato che il riposo delle polpette assomiglia molto a quello che succede nella nostra mente quando elaboriamo le idee. Le idee sono il risultato di esperienze, incontri, rifles-
sioni, suggestioni: tanti 'ingredienti' che si mettono insieme e poi producono pensieri nuovi. Ma prima che ciò accada è utile far riposare quegli ingredienti, dargli il tempo di depositarsi, amalgamarsi, rassodarsi. I riposo delle polpette è come il riposo dei pensieri: dopo un po', vengono meglio

Il riposo della polpetta, Massimo Montanari 

Rumore allo stomaco

E perciò te lo voglio dare un consiglio: innamorati pure tu Lolì, non perdere tempo. Gli anni passano e non lo sai a cosa rinunci ogni giorno. E credo che forse non te lo ricordi manco più quel rumore allo stomaco quando ti bacia qualcuno, in quel modo che poi tu...

Gabriella Genisi, La circonferenza delle arance 

venerdì 2 marzo 2018

Fuggire

A che giova esser fuggito tante volte dalle catene e destino che mi attendeva? [...] La libertà è solo una vuota parola e forse mi avrebbe giovato di píú rimanere nella mia patria, pur dovendo servire un crudele tiranno

Elegie per la patria perduta, Marullo
Montanari e Trione, Contro le mostre 

giovedì 1 marzo 2018

Lenta penetrazione delle parole

Nel nostro Paese, le mostre spesso sono pensate come carrellate di immagini imperiose, immediate, senza consistenza, prive di rimandi, che devono giungere a noi come benedizioni o come fulminazioni, sottraendoci al dovere di riflettere su di esse e alla «lenta penetrazione delle parole». Lo sguardo lento e meditato su una figura o su un colore cede il posto a un desiderio di effimera spettacolarità: «un fenomeno atmosferico, uraniano, che soddisfa il bisogno di ricevere una scossa». Come se ci si volesse adeguare ai riti di un'epoca dominata dalla centralità della fotografia degli schermi, dei social.
Ecco: le mostre sembrano essere state definitivamente assorbite in quel «sistema dello spettacolo»

Contro le mostre, Tommaso Montanari e Vincenzo Trione