Sul letto di ferro, un solo pensiero schiaccia dona Flor, la getta, dilaniata, contro il fondo di se stessa: mai più l'avrebbe avuto accanto in un tumulto di sentimenti il suo Vadinho, mai più.
Quella certezza la penetra e la stronca; lama avvelenata le squarcia il petto, le imputridisce il cuore, cancellando il suo desiderio di sopravvivere, la sua gioventù avida di vita. Nel letto di ferro desiderosa di morire dona Flor. Solo il desiderio la sostiene, solo la memoria persiste. Perché lo aspetta se è inutile? Perché il desiderio divampa come una fiamma, un fuoco che la divora nell'intimo, che la mantiene in vita? Se è inutile, se lui non tornerà, amante spudorato a strapparle di dosso i vestiti o la camicia da notte, ad esporre la sua nudità impubere, dicendo frasi così pazze che neppure nel ricordo lei osa ripeterle, così pazze e indecenti, ma così belle, ahi. Non verrà a toccarle il petto, le anche, il ventre, a svegliarla e addormentarla, temporale di
desideri, uragano che cieca la conduce con sé, brezza di tenerezza, zeffiro di sospiri, e il venir meno per poi svegliarsi nuovamente. Ahi, mai più. Solo il desiderio la sostiene, e le memorie.
Dona Flor e i suoi due mariti, Jorge Amado
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