Nel nostro Paese, le mostre spesso sono pensate come carrellate di immagini imperiose, immediate, senza consistenza, prive di rimandi, che devono giungere a noi come benedizioni o come fulminazioni, sottraendoci al dovere di riflettere su di esse e alla «lenta penetrazione delle parole». Lo sguardo lento e meditato su una figura o su un colore cede il posto a un desiderio di effimera spettacolarità: «un fenomeno atmosferico, uraniano, che soddisfa il bisogno di ricevere una scossa». Come se ci si volesse adeguare ai riti di un'epoca dominata dalla centralità della fotografia degli schermi, dei social.
Ecco: le mostre sembrano essere state definitivamente assorbite in quel «sistema dello spettacolo»
Contro le mostre, Tommaso Montanari e Vincenzo Trione
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