Per rendersi conto del grado di chisura attuale basti pensare al fatto che la gente è convinta di non poter affrontare la complessità, le differenze, ciò che non risulta familiare, le persone che non ci piacciono, le situazioni incognite. E questa incapacità di gestire la diversità è alimentata da un'economia capitalista che trae profitto dall'indurre le persone a desiderare solo quello che giudicano comodo o familiare. Non voglio aprire qui un dibattito su Facebook, ma è immediatamente ovvio di cosa si tratta: è un sistema di chiusura fatto di amici, di like, su cui si insedia una tecnologia vampiresca che ne risucchia tutti i benefici. Per me - e questa non vuole essere una formula politica - il motivo per cui è importante pensare alle città, è che è possibile trasformarle in scuole, in occasioni di formazione che aiutano le persone a sentirsi più «competenti». Grazie alla complessità delle città, le persone che le abitano possono sentirsi più capaci di gestire le cose, di non sentirsi «distrutte» - come diremmo noi americani - se per strada, all'improvviso, si imbattono in una persona nera, un migrante, un rifugiato.
Richard Sennett, La lotta per la città
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