Quando impaurito, senza difesa si ritrova in mezzo ai nostri sguardi e lentamente volge gli occhi intorno: "Ahimè" ", dice, "quale terra ormai potrà più accogliermi, quali acque? ahimè, misero, quale speranza mi rimane, se in nessun luogo della Grecia troverò un rifugio e questi Troiani col mio sangue reclamano vendetta?"
A quel lamento si mutano gli animi, è frenata ogni furia. Lo invitiamo a parlare, di che sangue sia, cosa rechi e con quale speranza si affidi prigioniero.
[Lasciata infine ogni paura, cosí parla:] "Qualunque cosa, o re, possa accadermi, solo il vero ti confesserò e non negherò d'essere di sangue greco: anzitutto questo; se il fato rese infelice Sinone, per quanto malvagio, non lo renderà anche falso e bugiardo.
Virgilio, Eneide, Secondo libro
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