lunedì 3 dicembre 2018

Sfruttati a questo modo

Fu come se ciascuno sentisse il bisogno di ripetersi le proprie ragioni, per dimostrare a se stesso di essere nel giusto, e come per darsi coraggio, una volta impegnatosi, di correre l'avventura. Era, per tutti, una avventura. Ma anche se non li avesse animati un sentimento di dignità, di ribellione, c'era la propria privata situazione a deciderli. La precarietà delle loro condizioni, in certi casi la fame, li spingeva.
«Pongo il mio caso» uno disse. Era un uomo ancora giovane, bruno, dallo sguardo mite e deciso, il volto magro, i baffi corti, la mosca sotto il labbro; era in corpetto e maniche di camicia, questa senza solino, fermata al collo da un gemello. 
«Come sa chi mi conosce, ho ventott'anni e sono mezzomuratore. Mi chiamo Donnini Aminta, vengo dal Ponte a Ema. Lavoro nel Cantiere Badolati di via Venti Settembre e prima, da manovale, stavo sotto il Tajuti. Cipressino mi conosce Metello assenti e Del Buono disse: «Anch'io ti conosco. Bravo, parla».
«Pongo il mio caso. Ero bracciante, prima di far questo mestiere, più di dieci anni fa. E nelle campagne c'era anche allora sempre meno lavoro per chi ha bisogno d'andare a giornata. Eppoi, fare il bracciante è un mestiere? Sei lo schiavo del fattore e del contadino. Il padrone non ti conosce nemmeno, mai. Sei lo schiavo dello schiavo dello schiavo. E fatichi e guadagni di conseguenza. Meno di uno dei nostri manovali.
("Purtroppo" borbotto il ragazzo Renzoni. «Se no, chi si sarebbe mosso dall'lmpruneta?»).
«Ora statemi a sentire. Avanti d'andar soldato, mi ero impegnato con una brava ragazza. Mi ero preso anche l'acconto. Ora è la mia donna e non c'è nulla di vergognoso a farlo sapere. Al Ponte a Ema l'hanno sempre saputo. Lei l'ebbe a dire in confessione e il pievano la tolse dalle Figlie di Maria. Così la voce fece il giro del paese. Lo ero di già militare. E appena congedato, non me la dovevo sposare? L'ho sposata anche perché ci si voleva bene. Ma in Municipio l'ho sposata, non in Chiesa. E non perché io sia ateo dichiarato, ma perché al pievano, appena tornato da fare il militare, la prima cosa che feci, gli feci uscire il sangue dal naso. Sono stato per questo sette mesi alle Murate». «Peccato quelle che ti andarono di fuori, Aminta» gli gridarono. «Poche andarono di fuori, ve l'assicuro. Era ancora in età di poterle sopportare. Lo bacchiai seguendo un ragionamento. Poi, feci conto che la ferma, invece di tre anni, fosse durata tre e mezzo. Questo succedeva due anni fa. Quando uscii dalle Murate, mia moglie aveva appena partorito».
«Ti eri preso un acconto più grosso, a quanto pare» disse Lippi, il decano, e giù per il pendio, sotto il sole, scrosciò una gagliarda risata.
Rise Aminta con gli altri, e disse: «Dopo tre anni di ferma, capirai!». Tuttavia, l'interruzione di Lippi e la ilarità ch'essa aveva suscitato, sembrarono spengere la foga del giovane muratore, che un attimo indeciso, dopo essersi guardato attorno, anche se adesso nessuno più rideva, rapidamente concluse: «Questo per dire che oggi i figlioli sono due, il secondo ha otto mesi, e non abbiamo ancora potuto metter su casa. Mia moglie sta ancora coi suoi, al Ponte a Ema, e io dormo nella baracca in cantiere, sei giorni la settimana. Ci si incontra la domenica come dei fidanzati, a mezza strada, siccome i suoi sondo contadini e la terra dove lavorano è della Chiesa. Il pievano gli ha permesso di tenere lei e le creature, ma li ha minacciati di mandargli la disdetta se viene a sapere che danno ricovero a me, anche per un'ora. Vi par giusta?» chiese, alzando il tono della voce «che dopo aver lavorato tutta una settimana, da due anni senza perdere una giornata, uno come me, non sia in grado di potere affittare quattro mura e riunire la famiglia?» Tacque e prese il fiasco dell'acqua e bevve a garganella.
«Sicché» gli domandò Del Buono «per te lo sciopero va bene?»
«E allora?» disse Aminta, si asciugò la bocca sull'avambraccio «perché avrei parlato?». E subito aggiunse: «Mi appello a quelli che vengono a lavorare dalla campagna, che come me tornano a casa una volta la settimana, anche se non si trovano nella mia combinazione particolare. E' vita dormire sei giorni la settimana in cantiere, mangiare asciutto il più spesso anche la sera, e poi fare quindici o venti chilometri, a piedi, il sabato col bujo e il lunedì mattina, per portare a casa che? Se le nostre donne non facessero bucati o no andassero a opra anche loro, non si crescerebbero i figlioli. Sempre chi una casa ce l'ha, io non ce l'ho» ripeté. «Mi appello a voi che venite di campagna. E' giusta che si sia sfruttati a questo modo?».

Vasco Pratolini, Metello 

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