Ma egli non aveva nulla in comune con Poe, De Quincey o Boudlaire, che cercavano nell'alcol e nella droga una conoscenza soprareale, un misterioso aldilà che l'esistenza quotidiana non offre.
Fitzgerald beveva per vincere il complesso di inferiorità e di insicurezza che lo aveva sempre torturato e che nessun successo o trionfo, neppure il più splendido, avrebbero mai pacato. Beveva per dimenticare la colpa: Adamo aveva peccato anche a suo nome. Beveva per scatenare i propri istinti aggressivi o liberare il desiderio di fuga: essere ovunque, ma non lì.
Pietro Citati, La morte della farfalla
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