sabato 18 maggio 2019

Disobbedienza civile e obiezione di coscienza

Il dialogo interiore dell'io con se stesso, che attesta la capacità di distinguere il bene dal male, possiede la forza di sottrarsi all'opinione comune di dire che cosa non bisogna fare, ma è più interessato al sé che al mondo. La coscienza morale porta a dissociarsi dall'ingiustizia piuttosto che a eliminare l'ingiustizia dal mondo. La disobbedienza civile si distingue dunque
dall'obiezione di coscienza perché si muove nello spazio pubblico. Essa è una forma di organizzazione di minoranze, «unite da un convincimento condiviso più che da una comunanza di interessi, e dalla scelta di protestare contro una politica governativa, anche qualora essa goda dell'appoggio della maggioranza».
L'azione di concerto non nasce pertanto da convinzioni interiori, bensi da un accordo che conferisce alle opinioni valore e le rende convincenti in virtù dello scambio reciproco delle diverse e anche discordanti prospettive. L'azione dei cittadini disobbedienti è politica perché motivata da un attivo interesse per la preservazione del mondo come sfera pubblica, secondo uno dei capisaldi della teoria politica arendtiana. La natura associativa, così come l'amore per il mondo, spiegano perché nei movimenti degli studenti e per i diritti civili Arendt veda un impegno a proteggere e perfezionare la Repubblica americana.

Hanna Arendt, Disobbedienza civile, Introduzione



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