Particolare del chiostro interno
Alseno (Piacenza)
giovedì 29 dicembre 2011
mercoledì 28 dicembre 2011
Mistica del nulla
Per arrivare là,
per arrivare dove voi siete,
per andar via da dove non siete,
dovete fare una strada nella quale non c'é estasi.
Per arrivare a ciò che non sapete
dovete fare una strada che è quella dell'ignoranza.
Per possedere ciò che non possedete
dovete fare la strada della privazione.
Per arrivare a quello che non siete
dovete andare per la strada nella quale non siete.
E quello che non sapete è la sola cosa che sapete
e ciò che avete è ciò che non avete
e dove siete è là dove non siete.
Eliot - East Cocker
per arrivare dove voi siete,
per andar via da dove non siete,
dovete fare una strada nella quale non c'é estasi.
Per arrivare a ciò che non sapete
dovete fare una strada che è quella dell'ignoranza.
Per possedere ciò che non possedete
dovete fare la strada della privazione.
Per arrivare a quello che non siete
dovete andare per la strada nella quale non siete.
E quello che non sapete è la sola cosa che sapete
e ciò che avete è ciò che non avete
e dove siete è là dove non siete.
Eliot - East Cocker
martedì 27 dicembre 2011
Il viaggio
La vita é un viaggio continuo, é ricerca di un luogo ogni volta diverso e nuovo, perché solo così nella ripetizione del gesto, si crea l'esatta giunzione tra il tempo della nascita e il tempo della morte.
Marco Goldin
lunedì 26 dicembre 2011
venerdì 16 dicembre 2011
Ermellino
I filosofi naturalisti raccontano che l'ermellino é un animaletto dal pelo bianchissimo, e che i cacciatori per catturarlo usano questo stratagemma: conoscendo i posti dove é solito passare, li ostruiscono con del fango, dopodiché lo spaventano e lo costringono a tornare verso lo sbarramento fangoso; l'ermellino arrivato nei pressi della fanghiglia si immobilizza e si lascia prendere e catturare, pur di non passare attraverso quella melma e sporcare, cosí, il suo biancore, che reputa piú importante della libertá e della vita.
Cervates - Don Chisciotte della Mancia
Cervates - Don Chisciotte della Mancia
domenica 11 dicembre 2011
sabato 10 dicembre 2011
Ariosto e Dosso Dossi
Per suggerire un modo più concreto per guardare ad un
maestro così interessante come Dosso Dossi, si può ricordare un paragone
letterario. Al tempo in cui Dosso Dossi lavorava proprio nell’ambito della
corte ferrarese emerse uno dei poeti più grandi di tutti i tempi, Ludovico Ariosto
che compose l’Orlando Furioso, un poema nacque in quel tempo, in quel ambiente culturale.
E’ un poema cavalleresco che in verità non lo è nel senso in cui lo dovevano
essere questo tipo di opere letterarie, ma è una specie di gigantesca parodia
(nell'antico significato del termine: non una presa in giro, ma una riscritura di cose già dette da altri da un altro punto di vista) del poema cavalleresco medesimo: assomiglia ad un altro sommo capolavoro della
letteratura universale che arrivò parecchio più tardi, e cioè il Don Chisciotte
di Cervantes. Tra il Don Chisciotte e l’Orlando Furioso c’è un rapporto:
entrambe prendono un genere letterario importante, il poema epico, e ne fanno
una sorte di grande parodia, cioè di trasformazione
dei contenuti normali del poema stesso in una dimensione di ironia, di sogno,
di favola, di uscita dalla realtà per immergersi completamente nella pura
immaginazione, la quale però è molto bella, molto seducente e molto
interessante. L’Ariosto e Dosso Dossi rappresentano due momenti di un certo
modo di pensare l’arte.
Claudio Strinati
Ingannare l'osservatore
La gara con la realtà è un tema che tantissimi artisti si
sono posti e si pongono nel corso di tutta la storia dell’arte. Capita sempre
che ci sia un pittore che ritiene di avere come scopo fondamentale quello di ingannare l’osservatore, di strappargli
un moto di meraviglia. Quando si sta davanti all’opera d’arte quella sembra
vera. E molti sono convinti che proprio in questo fatto risiede la grandezza
dell’arte: la capacità di sostituirsi alla realtà e di e di essere così
convincente da farci credere che quell’opera d’arte è sì una pittura, è
qualcosa di non vero, ma è come se fosse vero, anzi è molto meglio del vero;
perché la verità ce l’abbiamo sempre davanti agli occhi: la realtà quotidiana è
verità, almeno è verità della percezione: quando la vediamo in un’opera d’arte
diventa bellissima.
Claudio Strinati
Dosso Dossi: Apollo e Dafne
Dosso Dossi nasce nella corte di Ferrara ma lo troviamo
anche a Trento, a Pesaro e tanti altri luoghi.
Egli arrivò così avanti nel suo lavoro da essere mal
compreso, accantonato. Può essere classificato come un avvenirista, come un uomo
che ha guardato così avanti da non essere ben compreso nel suo tempo (il ‘500),
e che poi è stato dimenticato dopo, quando le sue previsioni si realizzarono. Ad
esempio nella galleria borghese di Roma si trovano due dipinti notevoli di
Dosso Dossi: per entrambi è difficoltoso capire quale sia il soggetto (a meno
di non leggere la targhetta), mentre normalmente chi è educato alla storia dell’arte
non ha difficoltà a capire quale sia l’argomento raffigurato nelle opere.
Il primo quadro rappresenta una donna seduta in un paesaggio
che tiene in mano degli strani oggetti e che guarda in lontananza. Intorno a
lei ci sono cose varie che non hanno una chiara connessione l’una con l’altra. L’altro
quadro (Apollo e Dafne) del Dosso raffigura un personaggio che tiene uno
strumento musicale in mano e anche lui guarda come fosse ispirato al di fuori
del quadro, ma non si intende bene chi sia e che cosa il quadro voglia dire: si
tratta invece di due opere somme del ‘500, come sono le opere di Dosso Dossi. Nella
mitologia greca la storia di Apollo e Dafne consiste nel fatto che il dio Apollo
(molto legato all’arte perché musicista) insegue una ninfa, Dafne, che non può
essergli concessa per volere divino. E mentre c’è questo inseguimento Dafne
implora il cielo di non essere posseduta dal dio che la insegue, ed il cielo la
trasforma nell’albero dell’alloro. Di solito nelle raffigurazioni curioso
argomento mitologico si vede Apollo che insegue la ninfa e lei che si sta
mutando in un albero: ma nel quadro di Dosso Dossi tutto questo non si vede. O
per meglio dire si vede in modo diverso rispetto alla tradizione precedente e a
quella che lo seguirà. In realtà l’argomento del quadro è il dio Apollo, e l’immagina
giganteggia nel quadro. Egli è raffigurato come un musico che sta per eseguire
un brano musicale e guarda lontano come aspettando che l’ispirazione entri in
lui, lo possieda. E Dafne si vede piccolissima, microscopica nello sfondo del
quadro, che è un paesaggio bellissimo: si vede una fanciullina come inglobata
dentro un albero.
Dosso Dossi fu il primo pittore nella storia dell’arte italiana
che divenne creatore in prima persona degli argomenti che trattava, e lo
divenne esaltando quella qualità che l’abate Lanzi chiama il “chiaroscuro”, e
che consiste nel modellare le immagini quasi a gara con la realtà, l’evidenza
dell’immagine che occupa lo spazio con la stessa forza, la stessa energia, la
stessa esattezza con cui lo occupiamo noi stessi. Osservando questo maestro si
rimane colpiti dall’energia della sua arte, dalla potenza del suo fare: egli è
molto convincente come se egli avesse suggerito a chi guarda una specie di gara
con la realtà.
Claudio Strinati
Claudio Strinati
Lanzi, colorito e chiaroscuro
L'abate Luigi Lanzi, un antico storico dell'arte, nel suo
libro La storia pittorica d'Italia,
spiega come nel grande maestro Raffaello, il principe degli artisti
rinascimentali, si possano ritrovare tutte le parti della pittura, e cioè come
Raffaello sia il simbolo del pittore per eccellenza, colui il quale sa tutto,
controlla tutto e riesce a realizzare ogni aspetto dell’arte.
Tra gli aspetti dell’arte che il Lanzi illustra, c’è quello
che il Lanzi chiama il “colorito”, vale
a dire l’eccellenza del pittore nella capacità di utilizzare il colore. E tale
eccellenza era vista in quel tempo nell’opera di Sebastiano del Piombo.
Un’altra parte fondamentale della pittura analizzata dal
Lanzi c’è il “chiaroscuro”: è quella
particolare attitudine attraverso la quale l’artista, il pittore dà volume alle
sue immagini. Anche in questo caso si può fare un paragone tra Raffaello e
altri artisti del suo tempo.
Nel corso della storia questo aspetto è molto cambiato. Se
si pensa alla storia dell’arte medioevale, quando le immagini che vediamo appaiono
poco rilevate sul piano, o all’arte bizantina, dove la nostra percezione è
quella di figure che sembrano ritagliate, prive di spazio, tuttavia sempre c’è
stato nel lavoro degli artisti questa attenzione a dare corpo alle immagini. Secondo
le analisi del Lanzi c’era stato nel ‘500 un ambiente dove questa attitudine si
era molto sviluppata: il mondo veneto ferrarese, quella scuola artistica che
fiorì nel nord Italia soprattutto alla corte di Ferrara.
Il Garofano, l’Ortolano, Dosso Dossi sono tre grandi maestri
della scuola ferrarese. Il Garofalo e l’Ortolano rimasero per tutta la vita ancorati
al loro ambiente d’origine, anche se oggi le loro opere sono in giro per il
mondo. Questi artisti della corte ferrarese lavoravano in un ambiente ai
confini con lo stato Pontificio, e pertanto in un confine politico, geografico
e culturale nell’ambito dell’Italia tutta: era una zona caratterizzata da una
laicità che si contrapponeva alla cultura fiorita nell’ambito della curia
romana. Le loro opere rappresentano una coscienza laica, anche se rappresentano
opere di arte sacra: quando furono conosciute fuori dal loro ambiente
provocarono una impressione fortissima. Alcune di queste opere si possono vedere
nella Galleria Borghese di Roma. Una delle più grandi opere del ‘500 qui
rappresentate è dell’Ortolano: Cristo deposto dalla croce. Questo quadro
eseguito nei primi anni del 500 sembra il simbolo stesso della solennità, della
grandezza morale, della quiete solenne che vive naturalmente all’interno dei
grandi spiriti. Un’opera magnifica di colore, potentissima in quel chiaroscuro
di cui parla il Lanzi, cioè l’attitudine a dare volume, presenza, potenza,
forza alle figure.
giovedì 8 dicembre 2011
Resurrezione di Lazzaro di Sebastiano del Piombo
E' una sorta di 'poema della notte'. Il Maestro ha immaginato che il miracolo di Cristo avvenga a Roma, sulle rive del Tevere, ed in un flusso tenebroso di luce si vede in lontananza, dietro alle sacre figure, la sponda del del fiume, con delle donne che vanno a lavare i panni (un semplice episodio di vita quotidiana): si vedono lontanissimo. In primo piano giganteggiano le figure sacre, e Cristo sembra un antico romano, un oratore, un uomo che sta pronunciando una sentenza che resterà solenne nella storia; e di fronte a lui Lazzaro, che si risveglia dalla tomba, e sembra un titano, un pugile, che è stato sì colpito duramente, ma che è ancora forte, potente.
La contrapposizione tra queste due opere (Trasfigurazione di Cristo di Raffaello e Resurrezione di Lazzaro di Sebastiano del Piombo) è una dei più grandi simboli di tutta la cultura e dell'arte italiana del rinascimento.
National Gallery di Londra
Trasfigurazione di Raffaello
Pala d'altare commissionata da Giulio de Medici.
É il poema della luce.
É divisa in due parti: nella parte inferiore vi é una sorta di 'regno delle tenebre', nella parte superiore Cristo trasfigurato sembra quasi dipinto con la luce stessa, con la materia della luce.
Musei vaticani
É il poema della luce.
É divisa in due parti: nella parte inferiore vi é una sorta di 'regno delle tenebre', nella parte superiore Cristo trasfigurato sembra quasi dipinto con la luce stessa, con la materia della luce.
Musei vaticani
sabato 3 dicembre 2011
Gli indifferenti
Lentamente muore
chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle “i”
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all’errore e ai sentimenti.
[…]
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivi
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.
chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle “i”
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all’errore e ai sentimenti.
[…]
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivi
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.
Moravia - Gli Indifferenti
sabato 19 novembre 2011
Raffaello e l'espressione
La natura l'avea dotato, come notai, di una immaginativa che trasportando l'anima a un avvenimento o favoloso o lontano, quasi fosse vero e presente, gli facea conoscere e sentire quelle perturbazioni medesime che dovettero avere i personaggi di quella storia; e assistevalo costantemente finché le avesse ritratte con quella evidenza con cui le avea concepute.
Questo dono raro ne' poeti, rarissimo ne' pittori, niuno l'ebbe in grado eminente più che Raffaello. Le sue figure veramente amano, languiscono, temono, sperano, ardiscono; mostrano ira, placabilità, umiltà, orgoglio, come mette bene alla storia: spesso chi mira que' volti, que' guardi, quelle mosse, non si ricorda che ha innanzi una immagine; si sente accendere, prende partito, crede di trovarsi in sul fatto.
abate Luigi Lanzi - Storia pittorica d'Italia
Questo dono raro ne' poeti, rarissimo ne' pittori, niuno l'ebbe in grado eminente più che Raffaello. Le sue figure veramente amano, languiscono, temono, sperano, ardiscono; mostrano ira, placabilità, umiltà, orgoglio, come mette bene alla storia: spesso chi mira que' volti, que' guardi, quelle mosse, non si ricorda che ha innanzi una immagine; si sente accendere, prende partito, crede di trovarsi in sul fatto.
abate Luigi Lanzi - Storia pittorica d'Italia
Paura e fantasia
Sancho Panza pendeva dalle labbra di don Chisciotte, e non diceva parola, ma solo di tanto in tanto si girava per vedere se poteva scorgere i cavalieri e i giganti, che il suo padrone andava nominando, e siccome non ne vedeva nessuno, gli disse:
- Signore, il diavolo mi prenda se vedo apparire i giganti o i cavalieri, di quelli che la signoria vostra ha nominato. Io, almeno, non li vedo, chissà che anche questo non sia tutto un incantesimo, come quello di stanotte.
- Come fai a dire ciò? Rispose don Chisciotte -. Non senti il nitrire dei cavalli? Il suono delle chiarine? Il rullo dei tamburi?
- Io non sento altro - rispose Sancho - se non un gran belare di pecore e montoni.
Ed era vero, perchè le due greggi erano ormai vicine.
- È la paura, Sancho - disse don Chisciotte -, che non ti fa vedere né sentire bene, in quanto uno degli effetti della paura è quello di turbare i sensi e fare in modo che le cose non appaiano effettivamente come realmente sono.
Cervantes - Don Chisciotte della Mancha
- Signore, il diavolo mi prenda se vedo apparire i giganti o i cavalieri, di quelli che la signoria vostra ha nominato. Io, almeno, non li vedo, chissà che anche questo non sia tutto un incantesimo, come quello di stanotte.
- Come fai a dire ciò? Rispose don Chisciotte -. Non senti il nitrire dei cavalli? Il suono delle chiarine? Il rullo dei tamburi?
- Io non sento altro - rispose Sancho - se non un gran belare di pecore e montoni.
Ed era vero, perchè le due greggi erano ormai vicine.
- È la paura, Sancho - disse don Chisciotte -, che non ti fa vedere né sentire bene, in quanto uno degli effetti della paura è quello di turbare i sensi e fare in modo che le cose non appaiano effettivamente come realmente sono.
Cervantes - Don Chisciotte della Mancha
Giganti e mulini
A un certo punto, videro in lontananza trenta o quaranta mulini a vento che si trovavano in quelle campagne, e subito don Chisciotte disse al suo scudiero:
- La fortuna guida le nostre cose meglio di quanto noi stessi potremmo desiderare; perchè guarda lì amico Sancho Panza, ecco una trentina, o poco più, di giganti smisurati, io ho intenzione di combattere con essi e di togliere la vita a tutti, in modo che le loro spoglie cominceranno ad arricchirci, giacchè questa è una buona guerra ed è servire Dio spazzare via una così triste semenza dalla faccia della terra.
- Di quali giganti parla? - disse Sancho Panza.
- Quelli che vedi laggiù - rispose il padrone - con quelle braccia così lunghe; alcuni le hanno di quasi due leghe.
- Guardi bene, la signoria vostra - aggiunse Sancho -, che quelli laggiù non sono giganti, ma mulini a vento, e quelle che le sembrano braccia sono pale che, girate dal vento, fanno muovere la pietra del mulino.
- Come si vede - disse don Chisciotte - che non sei pratico di avventure: quelli son giganti; e, se hai paura, fatti da parte, e mettiti a pregare, mentre io entrerò con essi in fiera e impari battaglia.
Cervantes - Don Chisciotte della Mancha
- La fortuna guida le nostre cose meglio di quanto noi stessi potremmo desiderare; perchè guarda lì amico Sancho Panza, ecco una trentina, o poco più, di giganti smisurati, io ho intenzione di combattere con essi e di togliere la vita a tutti, in modo che le loro spoglie cominceranno ad arricchirci, giacchè questa è una buona guerra ed è servire Dio spazzare via una così triste semenza dalla faccia della terra.
- Di quali giganti parla? - disse Sancho Panza.
- Quelli che vedi laggiù - rispose il padrone - con quelle braccia così lunghe; alcuni le hanno di quasi due leghe.
- Guardi bene, la signoria vostra - aggiunse Sancho -, che quelli laggiù non sono giganti, ma mulini a vento, e quelle che le sembrano braccia sono pale che, girate dal vento, fanno muovere la pietra del mulino.
- Come si vede - disse don Chisciotte - che non sei pratico di avventure: quelli son giganti; e, se hai paura, fatti da parte, e mettiti a pregare, mentre io entrerò con essi in fiera e impari battaglia.
Cervantes - Don Chisciotte della Mancha
domenica 13 novembre 2011
Libertà va cercando
Libertà va cercando, ch’è sì cara,
come chi per lei vita rifiuta.
Dante - Purgatorio, I
Sul soglio di Pietro siedono lupi rapaci, ma questo mondo è
abitato da pecore matte.
Le pecore matte sono la grande maggioranza, ma la loro
ignoranza non le scuserà.
La giustizia divina le punirà: anche quelle che ad esempio fanno
il male senza saperlo, quelle che seguono il male, quelle che obbediscono al
male dei lupi rapaci.
Ma lupi e pecore non stanno in questa valle di lacrime come
in una prigione. Da questa prigione ci si può liberare: c’è dato lume, c’è data
innata libertate. La libertate ci viene directe, imediate a deo:
il dono della libertà non passa attraverso stelle, attraverso cieli, non è determinata
da cause fisiche. Dio infonde questo dono nella nostra anima senza mediazioni
di sorta: innata libertate. Questo è il sommo dono per
Dante: non la vita, ma la libertà.
Attraverso il dono della libertà noi possiamo liberarci
dalla prigione dove stanno le pecore matte, i lupi: non siamo necessitati ad
abitare con loro, possiamo andare verso la libertà. Questo è il tema della
divina commedia: è la conversione, conversum
in deum: riattingere il luogo da cui ci è venuta la libertà, liberarci per
riportare questo dono al suo fattore.
sabato 5 novembre 2011
Tetto di vetro
E bada bene che è da cretino,
quando il tetto che ti copre è di vetro,
raccogliere nelle mani delle pietre,
per lanciarle addosso al tuo vicino.
Cervantes - Don Chisciotte della Mancha
quando il tetto che ti copre è di vetro,
raccogliere nelle mani delle pietre,
per lanciarle addosso al tuo vicino.
Cervantes - Don Chisciotte della Mancha
Carcere e ingegno
Che cosa poteva generare lo sterile ed incolto mio ingegno, se non la storia di un figlio secco, emaciato, bizzarro e pieno di strane idee mai venute in mente a nessuno, proprie di chi è nato in carcere, dove sono di casa i disagi ed ogni sinistro rumore? La tranquillità, la pace del luogo, l'amenità dei campi, la serenità dei cieli, il mormorio delle fonti, la quiete dello spirito contribuiscono affinché le muse più sterili si mostrino feconde ed offrano al mondo creature tali da riempirlo di meraviglia e di gioia.
Cervantes - Don Chisciotte della Mancha
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martedì 25 ottobre 2011
domenica 23 ottobre 2011
sabato 22 ottobre 2011
domenica 16 ottobre 2011
Giuramento di Ippocrate
« Giuro per Apollo medico e Asclepio e Igea e Panacea e per tutti gli dei e per tutte le dee, chiamandoli a testimoni, che
eseguirò, secondo le forze e il mio giudizio, questo giuramento e questo
impegno scritto: di stimare il mio maestro di questa arte come mio
padre e di vivere insieme a lui e di soccorrerlo se ha bisogno e che
considererò i suoi figli come fratelli e insegnerò quest'arte, se essi
desiderano apprenderla; di rendere partecipi dei precetti e degli
insegnamenti orali e di ogni altra dottrina i miei figli e i figli del
mio maestro e gli allievi legati da un contratto e vincolati dal
giuramento del medico, ma nessun altro.
Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio; mi asterrò dal recar danno e offesa.
Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo.
Con innocenza e purezza io custodirò la mia vita e la mia arte. Non opererò coloro che soffrono del male della pietra, ma mi rivolgerò a coloro che sono esperti di questa attività.
In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati, e mi asterrò da ogni offesa e danno volontario, e fra l'altro da ogni azione corruttrice sul corpo delle donne e degli uomini, liberi e schiavi.
Ciò che io possa vedere o sentire durante il mio esercizio o anche fuori dell'esercizio sulla vita degli uomini, tacerò ciò che non è necessario sia divulgato, ritenendo come un segreto cose simili.
E a me, dunque, che adempio un tale giuramento e non lo calpesto, sia concesso di godere della vita e dell'arte, onorato degli uomini tutti per sempre; mi accada il contrario se lo violo e se spergiuro. »
Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio; mi asterrò dal recar danno e offesa.
Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo.
Con innocenza e purezza io custodirò la mia vita e la mia arte. Non opererò coloro che soffrono del male della pietra, ma mi rivolgerò a coloro che sono esperti di questa attività.
In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati, e mi asterrò da ogni offesa e danno volontario, e fra l'altro da ogni azione corruttrice sul corpo delle donne e degli uomini, liberi e schiavi.
Ciò che io possa vedere o sentire durante il mio esercizio o anche fuori dell'esercizio sulla vita degli uomini, tacerò ciò che non è necessario sia divulgato, ritenendo come un segreto cose simili.
E a me, dunque, che adempio un tale giuramento e non lo calpesto, sia concesso di godere della vita e dell'arte, onorato degli uomini tutti per sempre; mi accada il contrario se lo violo e se spergiuro. »
Cripta Anagni - Ippocrate e Galeno
"Entro il lunettone della parete sottostante alla vòlta si schiude una singolare scena. In un luogo idealizzato dal colore del fondo, ch'è di vivo zaffiro e di smeraldo, stanno chiusi insieme due solenni vecchioni; hanno lunga barba canuta, capelli che ondeggiano candidi sulle spalle, abiti di un fantastico splendore; sono IPOCRAS e GALIENVS.
Ippocrate, con un gesto sacerdotale, alza la mano verso Galeno intento. Non una deformazione della storia quale si trova nelle enciclopedie popolari del Medioevo, quale Ippocrate ebbe, per esempio, a subire nella Siria, ove egli divenne un santo profeta, un uomo divino, alchimista che rinserra in fiale d'alabastro l'essenza di tutte le cose, ma una purissima vena di storia della scienza è qui.
La fantasia del popolo ha chiuso insieme i due Saggi, morti a distanza di tanto tempo l'uno dall'altro, quasi entro uno speco fatato; li ha incoronati di oro; ha profusi rubini, smeraldi e perle sulle vesti, sugli sgabelli, ha fuso quasi di trasparente vetro i colonnini dei loro leggii; ma la Scienza fu presente ed ha dominato la Fantasia."
Gli affreschi della Cattedrale di Anagni - Toesca
sabato 15 ottobre 2011
Roma - Piet Mondrian - L'armonia perfetta
"Alla fine le mie composizioni consistevano solo di linee verticali e
orizzontali, che formavano delle croci. Osservando il mare, il cielo e
le stelle, desideravo indicare la loro funzione plastica mediante una
molteplicità di elementi verticali e orizzontali"
"I colori devono essere puri, senza modulazioni, per annullare ogni soggettivismo da parte dell’artista e dello spettatore, questi deve trovarsi di fronte ad una unità matematicamente perfetta, oggettiva, fredda, però più reale di quelle della natura, che sono solamente realtà apparenti, ingannevoli e limitate."
"I colori devono essere puri, senza modulazioni, per annullare ogni soggettivismo da parte dell’artista e dello spettatore, questi deve trovarsi di fronte ad una unità matematicamente perfetta, oggettiva, fredda, però più reale di quelle della natura, che sono solamente realtà apparenti, ingannevoli e limitate."
venerdì 2 settembre 2011
Ozio
Il giuoco, la maldicenza, la sfrenatezza dei costumi sono conseguenze
funeste dell'ozio. Il cuore umano ha un vero
bisogno d'essere occupato in qualche oggetto che lo tolga dalla noja
inseparabile compagna della indolenza. Quando manchiamo di un certo moto che
agiti l'animo e lo tolga da un letargo a lui naturale. se è di nulla occupato,
siamo in una incomoda situazione, che non ardirei chiamare propriamente vita,
ma quasi vegetazione. L'esperienza ogni giorno più ci convince di questa verità,
giacché vediamo che né 1'abitare un superbo palazzo né il possedere grandi
ricchezze, né l'avere onori e dignità, fa l'uomo felice, ma bensì l'avere nella
maggior parte del tempo l'animo di varj e sempre piacevoli oggetti occupato. La
mancanza di moto fa l'acque stagnanti e lorde e putride; così l'inerzia
instupidisce ed infetta lo spirito. Quegli che hanno la mala ventura di far
poco uso della facoltà di operare col corpo e collo spirito, sono miserabili
sfaccendati, che cercando in ogni parte qualche oggetto onde riempiere quel vóto che hanno nella mente e nel cuore, sono
molesti, e molte volte infesti alla società, e sono a sé stessi pena della loro
iningarelia. L'uomo ragionevole dando alla religione, alla famiglia, a' suoi
impieghi, alla cultura del suo spirito tutta la giornata, passa assai più
felicemente il suo tempo di colui che fra gli agi e le ricchezze non sa fare
un'ora di parentesi alla noja che lo accompagna al sepolcro. La vita di costoro
è un continuo sonno, e la vita degli operosi è una serie di buone azioni e di
piaceri.
Alessandro Verri
Alessandro Verri
martedì 23 agosto 2011
domenica 21 agosto 2011
Pioggia
Dopo una notte di pioggia sotto la tenda, al mattino smontiamo tutto e andiamo a visitare il castello di Chenonceau.
sabato 20 agosto 2011
venerdì 19 agosto 2011
giovedì 18 agosto 2011
martedì 16 agosto 2011
lunedì 15 agosto 2011
Castelli della Loira 1
Oggi partenza. Prima tappa di percorso: Milano. Caldo e sole sfiancano. Obbiettivo di domani: passare il confine!
lunedì 1 agosto 2011
Ragionamento dei bambini
Un bambino ragiona in modo molto diverso dagli adulti, e non è detto venga necessariamente turbato dalle cose che gli adulti ritengono possa turbarlo; mentre, al contrario, può esser turbato da cose che gli adulti nemmeno vedono
Sandro Veronesi - Caos calmo
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sabato 30 luglio 2011
venerdì 15 luglio 2011
mercoledì 13 luglio 2011
Sciocchezze
Meglio far sciocchezza che stare tutto il giorno a guardare la cacca dei cavalli!
Il gattopardo
Il gattopardo
martedì 12 luglio 2011
lunedì 11 luglio 2011
Enigma siciliano
Ancora una volta il Principe si trovò di fronte a uno degli enigmi siciliani; in questa isola segreta, dove le case sono sbarrate e i contadini dicono di ignorare la via per andare al paese nel quale vivono e che si vede lí sul colle a cinque minuti di strada, in quest'isola, malgrado il suo ostentato lusso di mistero, la riservatezza è un mito.
Il gattopardo
Il gattopardo
domenica 10 luglio 2011
sabato 9 luglio 2011
Successione alla monarchia
... andava chiedendosi chi fosse destinato a succedere a questa monarchia che aveva i segni della morte sul volto. Il Piemontese, il cosiddetto Galantuomo che faceva tanto chiasso nella sua piccola capitale fuor di mano? Non sarebbe stato lo stesso? Dialetto torinese invece che napoletano. E basta.
Il Gattopardo
Il Gattopardo
Scienza e religione
Dalla famiglia si passò alla scienza. "Tu, Salina, fai onore non solo a te stesso, ma a tutto il Regno! Gran bella cosa è la scienza, quando non si mette in testa di attaccare la religione!"
Il Gattopardo
Il Gattopardo
Musica
Senza musica la vita sarebbe un errore
F. Nietzschze
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Sirene di Ulisse
Sorrisi pensando alle sirene di Ulisse: i marinai che ne avevano udito il canto diventavano loro prigionieri. Erano dati per morti, ma significava solo che avevano deciso di comsacrare il resto della loro esistenza ad ascoltare quelle voci così belle che li elevavano all'estasi. Avevano ragione! Non esisteva al mondo scelta di vita migliore.
E Ulisse che inorgogliva per aver resistito alle sirene! Innanzi tutto non aveva alcun merito, perchè aveva ordinato ai suoi uomini di legarlo saldamente all'albero maestro della nave in modo da non avere i mezzi fisici per raggiungerle. Ma soprattutto che idiota! Aveva avuto la fortuna inaudita (è il caso di dirlo) di scoprire il canto più sublime del mondo e invece di consacrargli la vita, aveva preferito tornare a Itaca.
Amélie Nothomb - Senza nome
E Ulisse che inorgogliva per aver resistito alle sirene! Innanzi tutto non aveva alcun merito, perchè aveva ordinato ai suoi uomini di legarlo saldamente all'albero maestro della nave in modo da non avere i mezzi fisici per raggiungerle. Ma soprattutto che idiota! Aveva avuto la fortuna inaudita (è il caso di dirlo) di scoprire il canto più sublime del mondo e invece di consacrargli la vita, aveva preferito tornare a Itaca.
Amélie Nothomb - Senza nome
Letto
... mi misi a letto. Era più comodo di quanto il suo rudimentale aspetto non lasciasse presagire. Sospirai di piacere. Dopo tre notti sulla slitta, a morire di freddo, scivolare, nudo e pulito, tra le lenzuola fresche e morbide, sotto un piumone pesante, su un materasso accogliente, con cuscini soffici: era una vera goduria!
L'inventore del letto è il benefattore sconosciuto dell'umanità.
Amélie Nothomb - Senza nome
L'inventore del letto è il benefattore sconosciuto dell'umanità.
Amélie Nothomb - Senza nome
Fare niente
Uno dei mali di quest'epoca è che non si può domandare alla gente cosa fa. Questa domanda un tempo innocente suscita oggi un disagio troppo profondo. La disoccupazione è una de cause. Io lo trovo un peccato. Se qualcuno mi dicesse molto semplicemente che nella vita non fa niente, avrei per lui parecchia ammirazione. É fantastico non fare niente. Pochissima gente ne è capace.
Amélie Nothomb - Senza nome
Amélie Nothomb - Senza nome
venerdì 8 luglio 2011
mercoledì 6 luglio 2011
martedì 5 luglio 2011
domenica 3 luglio 2011
Cinque nemici
I libri hanno gli stessi nemici che l'uomo: il fuoco, l'umido, le bestie, il tempo e il loro stesso contenuto.
Il fuoco incenerisce il libro e la nostra carne: l'umido sgretola le pagine e le nostre ossa; le belve calpestano i fogli e artigliano i nostri corpi; il tempo dissolve le carte e consuma la nostra vita.
Ma alla fine c'è un quinto elemento più insidioso ed è quello interno a entrambi i soggetti: il contenuto.
Gianfranco Ravasi - Breviario - Cinque nemici
Il fuoco incenerisce il libro e la nostra carne: l'umido sgretola le pagine e le nostre ossa; le belve calpestano i fogli e artigliano i nostri corpi; il tempo dissolve le carte e consuma la nostra vita.
Ma alla fine c'è un quinto elemento più insidioso ed è quello interno a entrambi i soggetti: il contenuto.
Gianfranco Ravasi - Breviario - Cinque nemici
domenica 29 maggio 2011
Pudore
Quelli ripresero la loro strada, tutti pensierosi; le donne innanzi, e Renzo dietro, come per guardia. Lucia stava stretta al braccio della madre, e scansava dolcemente, e con destrezza, l'aiuto che il giovine le offriva ne' passi malagevoli di quel viaggio fuor di strada; vergognosa in sé, anche in un tale turbamento, d'esser già stata tanto sola con lui, e tanto famigliarmente, quando s'aspettava di divenir sua moglie, tra pochi momenti. Ora, svanito così dolorosamente quel sogno, si pentiva d'essere andata troppo avanti, e, tra tante cagioni di tremare, tremava anche per quel pudore che non nasce dalla trista scienza del male, per quel pudore che ignora se stesso, somigliante alla paura del fanciullo, che trema nelle tenebre, senza saper di che.
A. Manzoni - I promessi sposi
A. Manzoni - I promessi sposi
Oppressori ed oppressi
Renzo, che strepitava di notte in casa altrui, che vi s'era introdotto di soppiatto, e teneva il padrone stesso assediato in una stanza, ha tutta l'apparenza d'un oppressore; eppure, alla fin de' fatti, era l'oppresso. Don Abbondio, sorpreso, messo in fuga, spaventato, mentre attendeva tranquillamente a' fatti suoi, parrebbe la vittima; eppure, in realtà, era lui che faceva un sopruso. Così va spesso il mondo... voglio dire, così andava nel secolo decimo settimo.
A. Manzoni - I promessi sposi
A. Manzoni - I promessi sposi
sabato 28 maggio 2011
Paure
Tra il primo pensiero d'una impresa terribile, e l'esecuzione di essa (ha detto un barbaro che non era privo d'ingegno), l'intervallo è un sogno, pieno di fantasmi e di paure. Lucia era, da molte ore, nell'angosce d'un tal sogno: e Agnese, Agnese medesima, l'autrice del consiglio, stava sopra pensiero, e trovava a stento parole per rincorare la figlia. Ma, al momento di destarsi, al momento cioè di dar principio all'opera, l'animo si trova tutto trasformato. Al terrore e al coraggio che vi contrastavano, succede un altro terrore e un altro coraggio: l'impresa s'affaccia alla mente, come una nuova apparizione: ciò che prima spaventava di più, sembra talvolta divenuto agevole tutt'a un tratto: talvolta comparisce grande l'ostacolo a cui s'era appena badato; l'immaginazione dà indietro sgomentata; le membra par che ricusino d'ubbidire; e il cuore manca alle promesse che aveva fatte con più sicurezza.
A. Manzoni - Promessi Sposi
A. Manzoni - Promessi Sposi
giovedì 26 maggio 2011
Mattina seguente
La mattina seguente, don Rodrigo si destò don Rodrigo. L'apprensione che quel "verrà un giorno" gli aveva messa in corpo, era svanita del tutto, co' sogni della notte.
A. Manzoni - I Promessi Sposi
A. Manzoni - I Promessi Sposi
domenica 15 maggio 2011
Tancredi
Quivi a lui d'improvviso una donzella
tutta, fuor che la fronte, armata apparse:
era pagana, e là venuta anch'ella
per l'istessa cagion di ristorarse.
Egli mirolla, ed ammirò la bella
sembianza, e d'essa si compiacque, e n'arse.
Oh meraviglia! Amor, c'ha pena è nato,
già grande vola, e già trinfa armato
Gerusalemme liberata
tutta, fuor che la fronte, armata apparse:
era pagana, e là venuta anch'ella
per l'istessa cagion di ristorarse.
Egli mirolla, ed ammirò la bella
sembianza, e d'essa si compiacque, e n'arse.
Oh meraviglia! Amor, c'ha pena è nato,
già grande vola, e già trinfa armato
Gerusalemme liberata
mercoledì 4 maggio 2011
Fragilità
Amleto Ah, se questa mia troppo, troppo solida
carne, potesse sciogliersi in rugiada!
Ah, se l'Eterno non avesse opposta
la sua legge al suicidio! O Dio! O Dio!
Come tediose, e insipide ed inutili
m'appaiono le piatte convenzioni
di questo mondo! Che schifo! Che schifo!
Questo è un orto coperto di gramigna
che va in seme; vi sanno verzicare
erbe rozze e selvatiche, nient'altro.
A tanto dunque si doveva giungere!
È morto da appena due mesi... oh, no, che dico,
nemmeno tanti... un re così eccellente,
confrontato a costui,
un Iperione a confronto di un satiro;
e di lei a tal punto innamorato
da non permettere nemmeno ai venti
di sfiorarle con troppa forza il viso!
Ah, cielo e terra, come non pensarci!
E lei, che tutta s'appendeva a lui,
come se l'appetito di quel cibo
le crescesse mangiandone...
Appena un mese... Non voglio pensarci.
Ahimè, fragilità, il tuo nome è femmina.
Shakespeare - Amleto
carne, potesse sciogliersi in rugiada!
Ah, se l'Eterno non avesse opposta
la sua legge al suicidio! O Dio! O Dio!
Come tediose, e insipide ed inutili
m'appaiono le piatte convenzioni
di questo mondo! Che schifo! Che schifo!
Questo è un orto coperto di gramigna
che va in seme; vi sanno verzicare
erbe rozze e selvatiche, nient'altro.
A tanto dunque si doveva giungere!
È morto da appena due mesi... oh, no, che dico,
nemmeno tanti... un re così eccellente,
confrontato a costui,
un Iperione a confronto di un satiro;
e di lei a tal punto innamorato
da non permettere nemmeno ai venti
di sfiorarle con troppa forza il viso!
Ah, cielo e terra, come non pensarci!
E lei, che tutta s'appendeva a lui,
come se l'appetito di quel cibo
le crescesse mangiandone...
Appena un mese... Non voglio pensarci.
Ahimè, fragilità, il tuo nome è femmina.
Shakespeare - Amleto
martedì 3 maggio 2011
Vita e morte
Regina - Dolce Amleto, scuoti di dosso quel dolore notturno, guarda con occhio amico alla tua patria e al re, non cercare per sempre con le ciglia abbassate il tuo nobile padre nella polvere. Sai che è sorte comune: ogni cosa vivente è dovuta alla morte, attraverso natura a eternità.
Shakespeare - Amleto
Shakespeare - Amleto
Pensiero turbato
Orazio - Un grano di polvere basta a turbare l'occhio del pensiero.
Shakespeare - Amleto
Shakespeare - Amleto
lunedì 11 aprile 2011
Fortuna
Who seeks, and will not take when once 'tis offere'd,
Shall never find it more.
Shakesperare - Antonio e Cleopatra
Shall never find it more.
Shakesperare - Antonio e Cleopatra
Onore
Is not my profit that does lead mine honour; mine honour, it.
Shakesperare - Antonio e Cleopatra
Shakesperare - Antonio e Cleopatra
Onore alle armi
Pompeo: lascia che io ti stringa la mano; non ti ho mai odiato. Ti ho veduto combattere, ed ho invidiato il tuo valore.
Enobarbo: Signore, io non vi ho mai amato molto; ma vi ho lodato quando meritavate ben dieci volte l'elogio che facevo di voi.
Shakespeare - Antonio e Cleopatra
Enobarbo: Signore, io non vi ho mai amato molto; ma vi ho lodato quando meritavate ben dieci volte l'elogio che facevo di voi.
Shakespeare - Antonio e Cleopatra
giovedì 17 marzo 2011
sabato 26 febbraio 2011
Zaccaria e l'angioletto
I putti, o angioletti, del pannello di Zaccaria sono una sorta di comparse, di cui Michelangelo si serve per sussurrare all'recchio dell'osservatore perspicace i suoi pensieri nascosti. In questo caso essi leggono con noncuranza da sopra la spalla del profeta, e uno dei due si appoggia al compagno un po' come due moderni tifosi di calcio che, in metropolitana, sbirciano i risultati delle partite sul giornale di un passeggero. Ciò che più facilmente può sfuggire è che l'innocente angioletto biondo che si appoggia all'altro si lascia andare, dietro il capo di Giulio II, a un cenno assai volgare: con un pugno quasi chiuso, infila il pollicetra l'indice e il medio in un gesto che allore era noto come "fare i fichi", pressappoco l'equivalente rinascimentale del nostro dito medio. Per la verità l'immagine è volutamente piutosto sfumata e in ombra.
I segreti della Sistina - R. Doliner e B. Blech
Dante apre il venticinquesimo canto della Divina commedia (Inferno, versi 1-3) con i seguenti versi:
« Al fine de le sue parole il ladro
le mani alzò con amendue le fiche,
gridando: "Togli, Dio, ch'a te le squadro!". »
riferendosi al gesto del "far la fica" o "far le fiche", atto di scherno o di spregio ancora utilizzato in alcune culture che prevede la chiusura del pugno con il pollice frapposto tra indice e medio, ad imitare appunto l'aspetto di una vulva e indirizzata ad una persona oppure al cielo in segno di bestemmia (come nel caso della citazione dantesca).
I segreti della Sistina - R. Doliner e B. Blech
Dante apre il venticinquesimo canto della Divina commedia (Inferno, versi 1-3) con i seguenti versi:
« Al fine de le sue parole il ladro
le mani alzò con amendue le fiche,
gridando: "Togli, Dio, ch'a te le squadro!". »
riferendosi al gesto del "far la fica" o "far le fiche", atto di scherno o di spregio ancora utilizzato in alcune culture che prevede la chiusura del pugno con il pollice frapposto tra indice e medio, ad imitare appunto l'aspetto di una vulva e indirizzata ad una persona oppure al cielo in segno di bestemmia (come nel caso della citazione dantesca).
Zaccaria
Per poter ammirare gli affreschi della cappella sistina immaginate di entrare a occhi chiusi insieme ad un amico che vi accompagni lungo la sala verso i gradini dell'altare fino all'estremità opposta, al di là della transenna di marmo, e solo allora girarvi e aprire gli occhi.
Aprite gli occhi, rivolgete lo sguardo al grande portone di legno riservato al pontefice: vedrete Zaccaria, il primo dei sette profeti ebrei rappresentati sulla volta. Il profeta seduto si trova proprio sopra il capo del pontefice, ogni volta che il papa abbia varcato l'ingresso principale, ovvero è esattamente dove Giulio II avrebbe voluto che Michelangelo raffigurasse Gesù.
Perché collocare all'ingresso del Sistina uno degli ultimi e meno conosciuti profeti di Israele?
Prima di tutto Zaccaria è il profeta che ammonisce i corrotti sacerdoti del Secondo Tempio. La profezia avverte quindi i religiosi che se non avessero abbandonato la loro condotta traviata il nemico in armi sarebbe penetrato nel santuario con la forza, ed il Tempio, costruito in parte con legno di legno libanese, sarebbe stato dato alle fiamme ("apri le tue porte, o Libano, che il fuoco possa divorare i tuoi cedri - Zc 11, 1"). Ebbene, proprio chi aveva pronunciato quei moniti fu posto da Michelangelo sull'ingresso della cappella di Giulio II.
Zaccaria è anche il profeta della consolazione e della redenzione, colui che incoraggiò gli ebrei a ricostruire Gerusalemme e il Sacro Tempio. ....
L'indomito artista aveva quindi collocato un profeta biblico non di primo piano nel punto assai significativo in cui il papa avrebbe voluto un'immagine di Gesù. Come immaginava Michelangelo di evitare la collera del pontefice per una tale palese subordinazione? Il pannello di Zaccaria non è solo un'immagine idealizzata di un personaggio della Bibbia, ma anche un ritratto dello stesso papa. Inoltre l'artista ritrae Zaccaria avvolto in manto color blu oltremare e oro - i colori dei Della Rovere, la famiglia di Sisto IV e di suo nipote Giulio II. Un ritratto di papa al posto di Cristo. Una simile rappresentazione non rappresentava cero un oltraggio per l'ego di Giulio II. In fondo il suo volto eternamente raffigurato sopra l'ingresso della nuova e magnfica capella era un modo consono di ricordare e celebrare il ruolo dei Della Rovere nella sua realizzazione.
I segreti della Sistina - R. Doliner e B. Blech
domenica 20 febbraio 2011
Talmud
Un ampio compendio di leggi e commenti ebraici composti nell'arco di cinque secoli a paritre, approssimativamente, dal tempo di Gesù. Quello che lo distingue da quasi tutti gli altri libri del suo tempo è uno stile di pensiero unico, per cui ancora oggi si utilizza il termine logica talmudica. Tale impostazione ci permette di vedere l'universo e di organizzare un pensioero con una modalità multiforme: una visione antitetica rispetto al modo lineare, non critico e non analitico della Chiesa. Il suo tratto predominante è la domanda. Il Talmud non contrappone la fede alla ragione, concede grande valore lla logica e ammette la legittimità del conflitto di opinioni. Conferisce inoltre grande importanza alla capacità di fondere elementi in apparenza opposti. Una visione molto lontana dagli ideali della Chiesa che infatti si impegnò a combatere questa impostazione per impedirne la diffusione.
I segreti della Sistina - R. Doliner e B. Blech
I segreti della Sistina - R. Doliner e B. Blech
Liberare dal marmo
In ogni blocco di marmo vedo una statua così chiaramente come se essa fosse esattamente davanti a me, perfettamente realizzata e finita nella disposizione e nell'atteggiamento, e a me non restasse che abbattere i rozzi muri che imprigionavano la bella apparizione per rivelarla agli occhi degli altri come ai miei.
Michelangelo
Michelangelo
Formazione
In italiano la parola "formazione" ha tra i suoi significati quello del percorso attraverso il quale una giovane mente si arricchisce e prende forma; una parola perfetta del giovane genio di cui Lorenzo aveva deciso di prendersi cura. L'esperienza fiorentina di Michelangelo durante la sua prima adolescenza arricchì senza dubbio il suo talento e diede alla sua mente la forma definitiva che avrebbe mantenuto nella sua lunga carriera.
I segreti della Sistina - R. Doliner e B. Blech
I segreti della Sistina - R. Doliner e B. Blech
Il giardino dell'Eden
Vi troviamo Adamo ed Eva davanti all'albero della conoscenza. Nel medioevo, in tutte le traduzioni, a parte una, il frutto di quell'albero è indicato come una mela. Del resto la parola latina che indica una mela, cioè malum, sembra riferirsi proprio a quel precedente. Nel quarto secolo a.c. la parola latina malum compare nella traduzione in latino con riferimento all'albero della conoscenza del bene e del male, canonizzando il collegamento tra la mela e il frutto proibito. C'era una sola eccezione a questa comune credenza: la tradizione ebraica. Secondo il principio mistico, Dio non ci sottopone mai un problema senza che Egli stesso non abbia già creato la sua soluzione dentro il problema stesso. Quando Adamo ed Eva commettono il peccato, mangiando il frutto proibito, immediatamente provano vergogna a causa della nuova coscienza della loro nudità. Secondo il racconto biblico, la soluzione immediata fu quella di coprirsi con le foglie di fico e secondo il Modrash l'albero della conoscenza era un fico perché nella sua misericordia Dio aveva provveduto a rimediare alla conseguenza del peccato, unendo il rimedio allo stesso oggetto che l'aveva causato. E' davvero difficile che un cristiano (dei nostri tempi o contemporaneo di Michelangelo) abbia dimestichezza con tali ragionamenti. Solo chi ha studiato il Midrash può esserne al corrente. Una cosa però è sicura: nel pannello del peccato originale l'albero del frutto proibito raffigurato da Michelangelo è senza dubbio un fico.
I segreti della Sistina - R. Doliner e B. Blech
Midrash
Non è il nome di un libro ma si riferisce a molteplici antologie di storie, leggende e commenti bibilici ad opera di diversi eruditi vissuti nella notte dei tempi. Secondo la cultura ebraica, questi scritti fanno parte di una tradizione orale durata secoli, tanto che alcuni risalirebbero fino al tempo di Mosè. Diversamente dal Talmud, il Midrasch è di natura teologica più che normativa, ovvero contiene idee più che precetti. E' stato detto giustamente che il Talmud si rivolge alla mente dell'uomo, mentre il Midrash alla sua anima.
I segreti della Sistina - R. Doliner e B. Blech
I segreti della Sistina - R. Doliner e B. Blech
sabato 19 febbraio 2011
Anamorfosi
Un'altra strategia di comunicazione cifrata a cui ricorsero gli artisti del Rinascimento sono gli effetti specili ambientali. I messaggi erano inseriti ingegnosamente in modo da essere percepibili solo quando l'osservatore era al posto giusto, cioè nel posto in cui l'artista aveva deciso che occorresse trovarsi per capire il vero significato.
Simile è un altro effetto, chiamato anamorfosi. Si tratta di una tecnica affascinante che fa sì che l'immagine assuma un'altra forma, diventando in un certo senso un'altra immagine, quando è osservata da una certa angolazione.
Una delle prime opere di Leonardo, l'Annunciazione, agli Uffizi, fino a non molto tempo fa si credeva contenesse inumerevoli difetti: il braccio destro della Vergine appare troppo lungo e sproporzionato, le gambe quasi si confondono con la panca sulla quale ella è seduta in una posizione assai strana e l'angelo è così lontano da dare l'impressione che i due appartengano a due quadri diversi. E in effetti, sia vista dal vero che riprodotta su un libro o un manifesto, l'opera sembra in qualche modo allungata in senso orizzontale. Solo poche persone furono in grado di capire come Leonardo avesse celato nell'Annunciazione una gigantesca anamorfosi hanno potuto dimostrare che in realtà si tratta di un songolarissimo capolavoro. Solo tenendo presente che il dipinto nel suo contesto originario avrebbe dovuto essere visto dal basso e da destra le sconcertanti anomalie svaniscono.
L'unico modo per cogliere realmente quello che Leonardo vuole comunicare nell'Annunciazione è interagire col dipinto reale. Stando in piedi verso la destra del dipinto il più possibile vicino alla parete e guardando l'immagine con la coda dell'occhio, l'intera opera prende vita in modo del tutto sorprendente. Il braccio destro di Maria è della giusta lunghezza, l'angelo le è molto più vicino, le gambe di Maria sono accostate e il ventre è più piccolo e piatto, così che appare effettivamente come una vera Vergine. Se poi ci spostiamo a sinistra avvicinandoci al centro del dipinto, le gambe si schiudono e il ventre appare più pronunciato, e quando l'osservatore è vicino al lato sinistro del quadro, l'angelo si è allontanato da Maria che appare ora in avanzata gravidanza.
I segreti della Sistina - R. Doliner e B. Blech
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