lunedì 30 aprile 2018

Il pianto di Traiano

Non appena giunto a Caraci, l'imperatore stremato era andato a sedersi sulla ghiaia, a contemplare le torbide acque del Golfo Persico. Si era ancora all'epoca in cui non dubitava della vittoria; eppure, per la prima volta, fu sopraffatto dall'immensità del mondo, dal terrore della vecchiaia, da quella dei limiti che ci rinserrano tutti. Grosse lacrime rigarono il volto di quell'uomo che si credeva incapace di piangere. L'imperatore, che aveva portato le aquile romane su lidi inesplorati fino a quel giorno, comprese che non si sarebbe imbarcato mai su quel mare tanto vagheaggiato: l'India, la Battriana, tutto l'Oriente oscuro di cui s'era inebriato a distanza sarebbe restato per lui un nome, una visione.

Memorie di Adriano, Marguerite Yourcenar

domenica 29 aprile 2018

Tempo sospeso a metà

Lí era come trovarsi in un tempo sospeso a metà, nel tempo di mezzo, non moderni, non antichi, ma sensibili, esposti al contagio. Era in quel territorio sospeso che si doveva inventare un senso, che si doveva immaginare una prospettiva.

Marcello Fois, Nel tempo di mezzo 

Prospettive

Perché - dice a se stesso - una volta che si è imparato a fare i conti con la propria esistenza non si può, d'improvviso, cambiare sistema, riprendere con le prospettive. Lui in testa ha il fatto che l'esistenza è come un carico di pane o di frutta che qualcuno deve incaricarsi di trasportare fino a casa. Gliel'hanno raccontata come un.percorso, una strada polverosa dove si lasciano orme leggere e si sollevano sbuffi di terra secca. In fondo si vede una piccola casa con tetto e fumaiolo, e da quel fumaiolo si vede sempre il fumo, qualunque sia la stagione: nelle storie, nelle parabole, le stagioni non contano. Perciò eccolo in cammino; è scalzo, può vedere i suoi piedi infarinati, la casa che sembrava vicina non lo è affatto, anzi sembra allontanarsi a ogni passo, e il carico comincia a pesare... Cosa lo faccia andare avanti è presto detto: quel carico. Se fosse libero di scegliere, lui, verso la casa nemmeno ci andrebbe, senza niente da trasportare, senza una materia da custodire, sarebbe leggero e libero. Ma libero di andare dove? Ci sono incontri, spazi in ombra, buche, piccoli burroni, fonti cristalline, lungo quella strada. In molti casi deve fermarsi, ingegnarsi, evitare di cadere ma, allo stesso tempo, niente gli impedirebbe di riposare, liberandosi per poco del suo carico, per bere alla fonte e scambiare qualche parola con i passanti.
Dal suo preciso punto di vista, questo nipote ritrovato non è certo un rovesciamento delle sue prospettive, anzi è esattamente un motivo in piú per intrattenersi lungo il cammino, senza fretta di arrivare. Perché, lui lo sa, nell'immagine che gli hanno raccontato, arrivare a quella casa significa smettere di camminare. Capito?

Marcello Fois, Nel tempo di mezzo

giovedì 26 aprile 2018

Relazioni lineari

I sistemi complessi straripano di interdipendenze - difficili da rilevare - e reazioni non lineari. «Non lineari» significa che, per esempio, se si raddoppia la dose di un farmaco, o il numero di dipendenti di uno stabilimento, non si ottiene il doppio dell'effetto iniziale, ma molto di più o molto di meno. Trascorrere due weekend a Philadelphia non procura il doppio del piacere che si prova a passarcene uno solo. L'ho sperimentato di persona. Quando una reazione è tracciata su un grafico, non forma una linea retta (lineare») ma una curva. In una situazione del genere le associazioni causali semplici sono fuori luogo; è difficile comprendere il funzionamento di un meccanismo osservandone le singole componenti.

Antifragile, Nassim Nicholas Taleb

Antifragile

L'antifragilità va al di là della resilienza e della robustezza. Ciò che è resiliente resiste agli shock e rimane identico a se stesso; l'antifragile migliora. Questa qualità è alla base di tutto ciò che muta nel tempo: l'evoluzione, la cultura, le idee, le rivoluzioni, i sistemi politici, l'innovazione tecnologica, il successo culturale ed economico, la sopravvivenza delle aziende, le buone ricette (per esempio il brodo di pollo o la bistecca alla tartara con un goccio di cognac), lo sviluppo di città, civiltà, sistemi giuridici....
L'antifragile ama il caso e l'incertezza, il che significa anche, ed è fondamentale, che ama l'errore, o perlomeno un certo tipo di errori. L'antifragilità possiede la singolare caratteristica di consentirci di
affrontare l'ignoto, di fare le cose senza comprenderle e di farle bene. Permettete che mi spinga più in là: grazie all'antifragilità siamo molto più bravi a fare che a pensare. Preferirei senz'altro essere stupido e antifragile che intelligente e fragile.

Antifragile, Nassim Nicholas Taleb

mercoledì 25 aprile 2018

L'ordine delle cose

Atena tiene un tono opportunamente basso: "Sono venuta a placare la tua ira, se mi obbedisci. Ed è Era che mi ha mandato qui. Rinuncia alla lotta, lascia perdere la spada, e la contesa seguitala con le parole giuste. Ti dico che per questa 'ybris', per questa violenza che adesso ti offende, gli Achei ripageranno tre volte tanto: adesso calmati e obbedisci."
Alla dea della sapienza, Achille risponde che le parole degli dèi vanno rispettate, anche quando uno si sente pieno di rabbia. Che cosi è meglio, e se uno obbedisce agli dèi, loro gli danno ascolto.
Achille ha improvvisamente afferrato la conseguenza logica di quello che stava per fare di istinto. Perché è Atena che lo ha acciuffato per i capelli e lui riconosce che, se gli uomini si armonizzano all'ordine delle cose - se ascoltano le parole degli dei - trovano lì la risposta a quello che cercano. Tenendo la
mano pesante sull'elsa d'argento, ricaccia la spada giù nel fodero.

Commento all'Iliade di Omero - Marinari, Capo, Cantarella

Offesa di Agamennone

Gli rispose Agamennone, il capo degli eserciti:
Fuggi pure lontano, se così desideri,
io non ti prego di rimanere qui per me:
altri mi onoreranno, e soprattutto Zeus sapiente.
Tu sei per me il più odioso tra i re protetti da Zeus;
tu cerchi sempre risse, battaglie, lotte,
e se sei molto forte, te lo ha concesso un dio.
Vai a comandare ai Mirmidoni: io non mi curo di te, né temo la tua ira
E voglio prometterti questo:
poiché Febo Apollo mi toglie la figlia di Crise,
io la rimanderò con la mia nave e i miei compagni,
ma verrò io stesso nella tua tenda a prendere per me la tua ricompensa,
Briseide dalle belle guance
affinché tu impari quanto io sono più forte di te,
e nessun altro osi parlarmi da eguale e misurarsi con me».
Così disse, e un gran dolore colpi il figlio di Peleo,
e nel suo petto villoso il cuore andava in due direzioni:
o, sfilando dal fianco la spada tagliente, allontanare gli altri
e uccidere il figlio di Atreo,
o frenare lo sdegno e contenere l'ira.

Iliade di Omero - Marinari, Capo, Cantarella 

L'ira di Achille

Uomo senza vergogna, assetato di guadagno,
quale dei Greci potrà più seguirti e obbedirti
nell'affrontare una spedizione, o nel combattere contro i nemici?
lo non sono venuto a combattere qui a causa dei Troiani
che non hanno colpe verso di me:
essi non hanno mai rubato le mie vacche o i miei cavalli,
né hanno mai distrutto i raccolti dentro Ftia, ricca di uomini e di beni,
perché ci separano tanti monti ombrosi e il mare risonante.
Noi abbiamo seguito te, spudorato,
per farti piacere, per vendicare contro i Troiani
l'onore di Menelao insieme col tuo, cane affamato!
Ma tu di queste cose non ti commuovi e non ti curi,
e proprio tu minacci di strapparmi la ricompensa per cui ho tanto lottato,
e che mi hanno dato i combattenti greci.
Mai ottengo una ricompensa pari alla tua
se i Greci espugnano una popolosa città troiana:
il più, nella battaglia tumultuosa, lo fanno le mie braccia,
ma quando si divide il bottino
la tua ricompensa è sempre maggiore,
e io ne porto sulle navi una più misera, pagata cara,
dopo essermi sfinito nel combattimento.
Ora me ne vado a Ftia,
perché è molto meglio che io torni a casa con le mie navi ricurve,
e non voglio restar qui umiliato,
raccogliendo beni e ricchezze per te.

Iliade di Omero - Marinari, Capo, Cantarella 

Uomini che ragionino sul potere

Al decimo giorno Era, la sposa di Zeus, la Signora, la dea del potere, addolorata per gli Achei suggerisce ad Achille di convocare l'assemblea. Perché proprio Era? Agamennone, quello che tra gli uomini incarna il potere, non ha esitato a ignorare Apollo.

La dea del potere, Era, si è vista quindi mal rappresentata da Agamennone, e ha voluto un'assemblea di uomini che ragionino sullo spazio del potere, sui suoi limiti e sui suoi modi: I'Iliade è tutta costituita di forme mitiche che così raccontano i maggiori problemi che gli uomini pongono a se stessi. Per questo i Greci dicevano che il loro primo filosofo era Omero.

Commento all'Iliade di Omero - Marinari, Capo, Cantarella

Gnothi seautòn

Apollo è il dio di Delfi, il dio luminoso che, attraverso il suo oracolo, fa conoscere agli uomini quello che gli uomini non capiscono: è il dio che suggerisce un contatto tra mortale e immortale, e quando dice all'uomo 'gnothi seautòn', "conosci te stesso", apre uno spiraglio di eternità per le creature destinate a morire.

Commento all'Iliade di Omero - Marinari, Capo, Cantarella

Alzarsi dal letto

Stabilí che si era trattenuto oltre il lecito a ruminare cattivi pensieri a letto perciò si alzò. 

Marcello Fois, Tempo di mezzo 

Cielo su di sé

Vincenzo si fermò. Il cielo sopra di lui era piú rugoso e scuro della crosta di una torbiera. Un cielo impossibile, puzzolente fino alla nausea come la pelle di un pachiderma. Sollevò lo sguardo per fissare quell'ammasso sospeso sulla sua testa e si chiese come facesse a reggersi senza un pilastro che lo distanziasse dal suolo. C'era qualcosa di talmente elementare in quel farsi e mescolarsi di elementi gassosi, terrosi, acquosi, che faceva pensare alla notte dei tempi. Sembra il primo cielo della Terra, pensò Vincenzo. Perché era sicurissimo che ci fosse stato un tempo in cui un umano si era dovuto rendere conto di avere un cielo su di sé, un istante certo, ma non sono tutte istanti le cose che cambiano il mondo?... Ecco pensava a quell'istante, che sicuramente doveva esserci stato, in cui ch abitava la Terra passò dal non avere la minima esperienza di quanto lo circondasse a  quando, troppo allibito pe sorprendersi, alzò lo sguardo e scrutò il cielo. No che non lo chiamò cielo, non lo chiamò affatto, ma si disse che comunque era lí, era sempre stato lí, e sempre vi sarebbe rimasto. Sempre. Vincenzo rivisse quell'istante, quasi nascesse in quello stesso momento. Perché quel turgore infelice di nubi fangose, piú livide che scure, non eran nient'altro che l'espressione tangibile del suo procedere incerto. 

Marcello Fois, Nel tempo di mezzo

martedì 24 aprile 2018

Nessuno si cura dell'altro

Come dice Omero, i Ciclopi "non hanno assemblee di consigli, non leggi,/ ma degli eccelsi monti vivono sopra cime in grotte profonde; fa legge ciascuno / ai figli e alle donne, e l'uno dell'altro non cura" (Od, 9,112-115, trad. di R. Calzecchi Onesti). Qui sta alla radice di tutto: "ciascuno fa leggi ai figli e alla donne". I Ciclopi non riconoscono l'esistenza di un'autorità sovraordinata a quella dei capifamiglia. Vivono in una società dove "nessuno si cura dell'altro", in quanto ogni capofamiglia ha un solo obiettivo: difendere se stesso e il suo gruppo, affermare la propria superiorità. La vita del gruppo familiare è regolata dai poteri del suo capo, ma i rapporti fra capifamiglia, in assenza di istituzioni pubbliche, sono affidati inevitabilmente alla regola della forza, al regime della vendetta pura, senza limiti e senza controllo. L'opposizione alla polis è evidente: i Ciclopi non hanno l'Assemblea, quel momento di incontro che, pur non avendo ancora poteri istituzionalmente previsti, è - comunque - il momento più importante della vita pubblica, la "gloria degli uomini (II. 1, 490), il crinale che separa barbarie e civiltà.
Eva Cantarella, Prefazione all'Iliade di Omero

Giornalismo acerbo

La rivelazione di un documento segreto è stata descritta come una tappa decisiva verso la conquista della democrazia totale, un'arma rivoluzionaria nelle mani dei cittadini. Ma questo diluvio d'informazioni ha avuto tre effetti egualmente pericolosi per il buon funzionamento dei sistemi democratici. Ha creato un giornalismo irresponsabile, sempre più incline a lavorare con il materiale acerbo delle intercettazioni e delle «soffiate», spesso teleguidate da chi desidera provocare effetti inconfessati e inconfessabili. Ha creato una enorme società di lettori-voyeur, di guardoni che confondono il pettegolezzo con l'informazione. Ha convinto l'opinione pubblica che i poteri pubblici sono sempre maligni e mendaci. I 400.000 documenti di WikiLeaks non ci hanno detto nulla che gli osservatori più attenti non avessero già denunciato, ma hanno considerevolmente aumentato il popolo degli indignati. A questo popolo occorrerebbe dire che il segreto è l'indispensabile ingrediente di qualsiasi trattativa politica e che qualsiasi accordo presuppone una fase in cui le parti si sono tastate e sondate, spesso mentendo e facendo proposte che non avevano altro scopo se non quello di conoscere sino a che punto ciascuna delle due era disposta a fare concessioni e a cedere terreno. 


Sergio Romano, Morire di democrazia. Tra derive autoritarie e populismo

Culto della personalità

 Ma gli uomini politici sembrano dimenticare che il culto della personalità tende a rovesciarsi nel suo opposto. La familiarità, secondo un vecchio detto inglese, genera disprezzo. E la scure del disprezzo si abbatte sempre, prima o dopo, sul collo dell'uomo politico che non sa dove termina la vita privata e comincia la vita pubblica.

Sergio Romano, Morire di democrazia. Tra derive autoritarie e populismo

lunedì 23 aprile 2018

Comunità e democrazia

La crisi di un sistema coincide con la progressiva scomparsa delle condizioni che ne hanno favorito la nascita. La storia della democrazia appartiene a quella degli Stati nazionali e del loro progresso economico. L'elezione di un Parlamento diventa possibile e utile soltanto quando esiste una comunità che si ritiene legata da tradizioni e interessi comuni, ha buone ragioni per sperare che questi interessi comuni si traducano in un certo grado di solidarietà ed è pronta a riporre la propria fiducia nelle persone che avranno il compito di rispondere alle principali esigenze del maggior numero possibile dei suoi membri. 

Sergio Romano, Morire di democrazia. Tra derive autoritarie e populismo

venerdì 20 aprile 2018

Il libro e l'ascia

Diceva Franz Kafka: «Se il libro che stiamo leggendo non ci colpisce come un soffio di vento nel cranio, perché annoiarsi leggendolo? Un libro dev'essere l'ascia che spezza il mare ghiacciato che è dentro di noi».

Corrado Augias, Leggere

Leggere negli anni

La lettura tende con gli anni a diventare una specie di doppio dell'esistenza, anzi, un concentrato di esistenza raramente eguagliato, per intensità, nell'ordinario scorrere delle giornate.

Corrado Augias, Leggere

Naufrago

Non c'è alcuna vita in te, ora, tranne quel dondolare trasmesso alla nave che rulla dolcemente, dal mare; e che al mare viene impresso dalle imper scrutabili maree di Dio. Ma mentre sei preda di questo sonno, di questo sogno, prova a spostare di un solo pollice il piede o la mano; allenta la presa; e vedrai che, insieme al terrore, tornerà la tua identità. Sei appeso sopra vortici cartesiani. E magari, a mezzogiorno, col tempo più limpido piombi giù con un urlo soffocato attraverso quell'aria trasparente dentro il mare estivo senza emergere mai più.

Moby Dick, Herman Melville 

giovedì 19 aprile 2018

Il silenzio: Ninfa Tacita - Lara

La ninfa salutare per eccellenza si chiamava Iuturna, Giuturna, come dice il suo stesso nome che viene dal verbo iuvare, «far bene», «giovare». Le sue acque erano le piú benefiche, le piú pure, saranno sempre le preferite da sacerdoti e malati. Un giorno questa ninfa della salute sarà onorata con una festa, quella dei Iuturnalia, celebrata da tutti i Romani che avranno una relazione con l’acqua.
Si tramanda che fosse l’amante di Giano e la madre di Fons. C’è però chi racconta che anche Giove fosse stato preso da ardente passione per lei. Ma lei, crudele, non ricambiava e per sfuggirgli si nascondeva fra boschi di fitti noccioli o si tuffava nell’acqua. Giove irritato e umiliato convocò allora tutte le ninfe e parlò loro cosí:
– Giuturna non vuole fare l’amore con me, il piú grande degli dèi immortali, e cosí danneggia se stessa. Se aiuterete me, in realtà darete aiuto a vostra sorella. Mentre lei fugge, ponetevi sull’orlo della riva perché non possa immergersi nell’acqua del fiume. Cosí potrò prenderla. Io ne avrò un grande piacere, e lei un grande vantaggio.
Tutte le ninfe gli fecero cenno che sí, lo avrebbero fatto. C’era per caso fra loro la bellissima Lara, figlia del fiume Almone, un affluente del Tevere. A quanto pare nei primissimi tempi (cosí sostiene un antico poeta) aveva il nome di Lala – dalla parola greca lalē, chiacchierona – e in effetti era una ninfa che non sapeva tacere. Quante volte suo padre le aveva detto di tenere a bada la lingua, ma lei non poteva, non ci riusciva. E cosí anche quel giorno non si frenò. Corse al lago della sorella Giuturna e le riferí, per filo e per segno, le parole di Giove.
– Scappa, va via, non cercare rifugio nel fiume, – esortava.
Poi vide Giunone, la sposa di Giove, e ancora una volta non seppe tacere: – Tuo marito è innamorato della ninfa Giuturna.
Giove, si narra, divenne una furia. E senza esitare strappò a Lara quella lingua che lei non usava a dovere. Poi chiamò il dio Mercurio e gli ordinò di portare la ninfa fra i morti, muta per sempre.
– Che resti laggiú, dove regna il silenzio, dove nessuno ha piú voce, – tuonava. Mercurio, senza perdere tempo, prese Lara e volò verso i luoghi silenti dei Mani, anime dei defunti e dèi loro stessi del mondo di sotto. Ma lungo il percorso s’invaghí della bellissima ninfa e senza darsi pensiero le fece violenza. Lei cercava di implorare pietà, ma la sua bocca ormai muta non riusciva ad emettere nessuna parola. Sembra che da quello stupro divino siano nati due figli gemelli, chiamati Lari [cfr. p. 201] a ricordo del nome materno. Ma lei cambiò nome adesso che non poteva piú cantare e parlare. E cosí Lara, la chiacchierona, la ninfa indiscreta, divenne dea della discrezione, del silenzio opportuno e prudente, e venne chiamata per sempre Tacita.
Tacita vuol dire «che fa tacere», dea invocata da chi vorrà comportarsi da persona perbene, visto che a Roma essere di poche parole sarà sempre considerata una grande virtú, per uomini e donne. «Parla per ultimo, taci per primo», affermerà un noto precetto. Tacita allora difenderà tutti dalla propria eccessiva loquacità, ma soprattutto le donne, sempre inclini, si sa, a parlar troppo e anche male [cfr. p. 125]. La storia di Lara, d’altronde, avrebbe insegnato che le donne riescono a stare zitte solo se si strappa loro la lingua. La muta dea del silenzio però avrà anche il potere di proteggere dalle parole degli altri, cucendo labbra di maldicenti, bloccando lingue di nemici pettegoli. Finire nella bocca degli altri sarà sempre per i Romani un pericolo serio: si tratterà di una questione di pubblica reputazione, di prestigio sociale e di onore [cfr. p. 348-49 e 216].

Tacita/Lara resterà per sempre nel mondo dei morti, dove è sovrano il silenzio, fra coloro che non hanno piú voce.

Miti Romani, Lucia Ferro e Maria Monteleone

Giano e Gianicolo

Quando il mondo ebbe inizio e Giano tornò ad avere l’aspetto di un dio, poco a poco, si narra, apparvero ovunque le fonti, i laghi, i fiumi, le valli e i monti coperti di boschi. Apparvero pesci nell’acqua, animali sui prati e nelle foreste, uccelli nell’aria. Solo in ultimo fece il suo ingresso l’essere umano. Forse fu in quel momento che Giano si guardò intorno e scelse la sua dimora, una collina coperta allora di querce e farnetti.
«Da quassú, – si disse, – potrò godermi ogni cosa, basta solo aspettare».
E da quel colle – Gianicolo lo chiameranno – si dispose a guardare l’inizio del tempo e dello spazio di Roma.

Miti romani - Lucia Ferro, Maria Monteleone

mercoledì 18 aprile 2018

Gennaio

Diceva"Il vecchio anno finisce qui e proprio qui il nuovo comincia e il tempo
acquistava un corso ordinato".
E cosí il mese che segue alla bruma, quello in cui un sole nuovo inizia il cammino, si chiamerà per sempre Ianuarius, di Giano, il nostro Gennaio

Miti Romani, Lucia Ferro e Maria Monteleone 

Giano bifronte

Non sembrava avere né davanti né dietro, sulla testa mostrava due volti, posti l'uno nel verso contrario dell'altro. Dove un dio avrebbe avuto normalmente la nuca, lui aveva un altro viso. Questo fatto non era motivo di confusione, al contrario era segno che lui vigilava sullo spazio nel quale regnava, perché poteva vedere sia davanti che dietro, e adesso che il mondo si era fatto ordinato il suo sguardo fissava lo spazio: non sarebbe tornato a confondersi ancora. Restava immobile, fermo, a fare il guardiano dei punti piú a rischio, dove la distinzione poteva sfuggire, dove il qui aveva inizio e il là terminava. Era il dio di tutti i "passaggi" e si chiamava lanus, Giano, come iani erano detti i passaggi e ianua la porta. Cosí il dio Giano sorvegliava tutto quanto passava, da qui a là, da davanti a dietro, da fuori a dentro, e viceversa. Reggendo in mano un bastone di viandante e una chiave, sarà sempre il dio dell'uscita e dell'entrata, dell'andare e venire, di chi partirà e di chi troverà la via del ritorno. Per questo quando un esercito romano uscirà per fare la guerra le porte del tempio di Giano staranno aperte finché i soldati, salvi e possibilmente trionfanti, noe saranno rientrati a casa. Domi, a casa: cosí si dirà per indicare lo stato di pace.

Miti Romani, Licia Ferro e Maria Monteleone 

martedì 17 aprile 2018

Vecchiaia e sonno

La vecchiaia è sempre insonne; come sr l'uomo, quanto più a lungo è stato unito alla vita, tanto meno si curi di ciò che assomiglia alla morte.

Moby Dick, Herman Melville  

martedì 10 aprile 2018

Democrazia del mare

Quando guadagnammo il mare aperto, il venticello tonificante si fece più fresco; il piccolo Muschio si scuoteva via la rapida spuma dalla prua come un giovane puledro i suoi schizzi di schiuma. Come aspirai quell'aria che sapeva di selvatico! E come disprezzai la terra così piena di restrizioni! Quella ordinaria strada maestra, tutta intaccata dai segni di calcagni e di zoccoli servili. E mi volsi ad ammirare la magnanimità del mare che non consente si lascino tracce del genere.

A quella stessa fonte di schiuma Queequeg pareva abbeverarsi e vacillare con me. Le sue narici brune si dilatavano; mostrava i denti levigati e aguzzi. Ci proiettavamo avanti, avanti; e una volta raggiunto il largo, Il Muschio rese omaggio alle raffiche, veloce abbassò e immerse la prua come uno schiavo davanti al Sultano.

Herman Mellville, Moby Dick

sabato 7 aprile 2018

Lasciar la propria terra

Sorgeva allora primavera, quando il padre Anchise ordinò di spiegare le vele ai fati: allora lasciò in lacrime le rive, i porti della patria e la piana dove si ergeva Troia. Esule son trascinato al largo coi miei compagni, il figlio, i Penati e i grandi dei.

Virgilio, Eneide, Terzo Libro

martedì 3 aprile 2018

L'uomo autorevole nella folla

E come spesso accade, se in una grande comunità scoppia una sommossa e la folla senza volto s'inasprisce, mentre già volano pietre e tizzoni (il furore arma le mani); nel caso scorgano un uomo autorevole per meriti e pietà, tutti ammutoliscono immobili con le orecchie tese: e quello con la parola governa gli animi, blandisce i cuori; cosí si calmò il fragore del mare, dopo che padre Nettuno, rivolto alle acque lo sguardo e librandosi nel cielo aperto, spronò i cavalli e in volo allentò le briglie al docile carro.

Eneide Virgilio - traduzione Mario Ramous

Mani parlanti

Mani parlanti per benedire, dire, come dare e argomentare
La simbologia delle mani nei dipinti dal medioevo: pollice e anulare congiunti di Dio rappresentano un gesto benedicente alla “greca”, un gesto di favore.

https://pilloledarte.wordpress.com/2012/10/07/mani-parlanti-dire-benedire-comandare-argomentare/