Non sembrava avere né davanti né dietro, sulla testa mostrava due volti, posti l'uno nel verso contrario dell'altro. Dove un dio avrebbe avuto normalmente la nuca, lui aveva un altro viso. Questo fatto non era motivo di confusione, al contrario era segno che lui vigilava sullo spazio nel quale regnava, perché poteva vedere sia davanti che dietro, e adesso che il mondo si era fatto ordinato il suo sguardo fissava lo spazio: non sarebbe tornato a confondersi ancora. Restava immobile, fermo, a fare il guardiano dei punti piú a rischio, dove la distinzione poteva sfuggire, dove il qui aveva inizio e il là terminava. Era il dio di tutti i "passaggi" e si chiamava lanus, Giano, come iani erano detti i passaggi e ianua la porta. Cosí il dio Giano sorvegliava tutto quanto passava, da qui a là, da davanti a dietro, da fuori a dentro, e viceversa. Reggendo in mano un bastone di viandante e una chiave, sarà sempre il dio dell'uscita e dell'entrata, dell'andare e venire, di chi partirà e di chi troverà la via del ritorno. Per questo quando un esercito romano uscirà per fare la guerra le porte del tempio di Giano staranno aperte finché i soldati, salvi e possibilmente trionfanti, noe saranno rientrati a casa. Domi, a casa: cosí si dirà per indicare lo stato di pace.
Miti Romani, Licia Ferro e Maria Monteleone
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