Come dice Omero, i Ciclopi "non hanno assemblee di consigli, non leggi,/ ma degli eccelsi monti vivono sopra cime in grotte profonde; fa legge ciascuno / ai figli e alle donne, e l'uno dell'altro non cura" (Od, 9,112-115, trad. di R. Calzecchi Onesti). Qui sta alla radice di tutto: "ciascuno fa leggi ai figli e alla donne". I Ciclopi non riconoscono l'esistenza di un'autorità sovraordinata a quella dei capifamiglia. Vivono in una società dove "nessuno si cura dell'altro", in quanto ogni capofamiglia ha un solo obiettivo: difendere se stesso e il suo gruppo, affermare la propria superiorità. La vita del gruppo familiare è regolata dai poteri del suo capo, ma i rapporti fra capifamiglia, in assenza di istituzioni pubbliche, sono affidati inevitabilmente alla regola della forza, al regime della vendetta pura, senza limiti e senza controllo. L'opposizione alla polis è evidente: i Ciclopi non hanno l'Assemblea, quel momento di incontro che, pur non avendo ancora poteri istituzionalmente previsti, è - comunque - il momento più importante della vita pubblica, la "gloria degli uomini (II. 1, 490), il crinale che separa barbarie e civiltà.
Eva Cantarella, Prefazione all'Iliade di Omero
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